Missione di salvataggio

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    Spider-Man 1602 vive

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    Genova.
    Era da parecchio che Celestina non ci metteva piede. Non che la città non le piacesse, semplicemente era abituata da secoli a girovagare per il mondo, senza mai fermarsi troppo nello stesso posto, a meno che non fosse insieme a qualche immortale. Era bello vivere insieme a Nath e Arielle, e in qualche modo si era abituata anche a Elesiel. Peccato che quelle pause non duravano tantissimo, pochi anni al massimo e poi si dividevano, ognuno trascinato dai suoi bisogni e dai suoi progetti, in direzioni del mondo diverse. Certo, questo prima dell'arrivo di Marta e, soprattutto, di Killian. Trovare l'incarnazione di una stella prima di Kyriel era stato un bel colpo. Certo, avevano dovuto sorbirsi la madre, la non-morta era stata più volte ad un passo dall'aggredirla, trattenendosi a stento. Anche perché, in caso contrario, Nath non ci avrebbe pensato due volte dall'annientarla.
    In compenso, il bambino era adorabile, l'aveva preso in simpatia dal primo momento che l'aveva visto, e questo l'aveva aiutata a sopportare Marta.
    Poi Kyriel li aveva trovati.

    Non era certa di poter raccontare tutto quello che era successo nei dettagli, era stato tutto terribilmente frenetico. Una ventina o più di non-morti, guidati dal loro maestro in persona, che irrompevano nella casa, lei, Nath e gli altri che combattevano nel vano tentativo di respingerli. Non si ricordava chi le aveva dato l'ordine, ma ad un certo punto si era ritrovata con Killian accanto, col compito di portarlo al sicuro. Più facile a dirsi che a farsi, aveva dovuto dare fondo ai suoi poteri, evocando il fuoco della sua anima per mettere fuori combattimento gli avversari più tenaci. Kiriel dovrà faticare parecchio per rimetterli in piedi. ricordava di aver pensato, mentre si portava dietro il bimbo che, nonostante fosse chiaramente terrorizzato, non dava segno di voler mettersi a piangere e rendere la ritirata più difficile.
    E poi, ad un passo dall'uscita, quando credeva di essere armai in salvo, spossata al punto da non riuscire ad usare più alcun potere, neppure evocare un po' di semplice ombra per nasconderli, era comparso lui.
    Kai.
    Secoli. Erano passati secoli dall'ultima volta che l'aveva visto. Secoli passati a desiderarlo accanto, oppure a cercare inutilmente di dimenticarlo. Secoli in cui lei era stata libera e felice, mentre lui prigioniero, subendo chissà quali sevizie. E ora, eccolo, i segni della prigionia ben visibili sul suo viso, ma tutto sommato identico a come lo ricordava. Aveva sognato quel momento infinite volte, pensando alle parole da dire, alle azioni da fare, a come rendere perfetto il momento in cui sarebbero stati di nuovo insieme.
    E ora, eccolo lì. Ancora schiavo, e per di più un avversario. Celestina si chiese se aveva ancora la forza per affrontarlo e, soprattutto, il coraggio per farlo. E lui, ugualmente sorpreso, probabilmente si chiedeva la stessa cosa. O più probabilmente a chiedersi come mai fosse ancora viva. Strinse la mano a Killian, cercando di rassicurarlo, o forse per cercare lei stessa un po' di conforto, poi fissò Kai. Spostati. Avrebbe potuto dire di tutto. Che le dispiaceva di vederlo ancora schiavo dell'angelo, che le dispiaceva di tutto il dolore che gli aveva procurato, spiegargli che non l'aveva dimenticato, che sperava di liberarlo, prima o poi. Ma riuscì a dire solo quella singola parola, nient'altro. E lui, senza dire una parola, si era spostato, lasciandoli andare.
    Dopo secoli che i suoi occhi erano asciutti, in quel momento avrebbe tanto voluto piangere, ma si limitò a portare il bambino al sicuro e a fare del suo meglio per calmarlo. Solo allora le lacrime erano scese, silenziose, per non svegliare il piccolo.

    Erano passati dodici anni da allora. Kai era ancora prigioniero e, peggio ancora, Kyriel aveva messo le mani su Arielle.
    E Thién, quella maledetta, inutile, stupida parodia di una divinità, non si faceva vedere da un secolo. Celestina aveva passato un intero anno ad aspettarla nel loro rifugio sulle Alpi, sperando che arrivasse per chiederle consiglio, e invece niente! Almeno, dopo tutto questo tempo, mi sta dando un motivo per picchiarla, come lei profetizzava in continuazione. bella consolazione. Tanto peggio allora, era stanza di aspettare, sarebbe passata al contrattacco. Serviva una stella per affrontare Kyriel? Bene, ne aveva una. Doveva solo convincere Killian a seguirla in quel folle piano. Doveva solo convincere il ragazzo, il resto sarebbe venuto da sé, gli altri immortali si sarebbero precipitati alla torre per recuperarli e a quel punto non avrebbero potuto fare altro se non aiutare la non-morta nei suoi intenti. Non aveva intenzione di lasciare Arielle prigioniera, e già che c'era si sarebbe ripresa anche Kai. Fanculo la prudenza, era ora di fare qualcosa di concreto.
    Arrivò davanti alla casa dove sapeva che abitavano gli immortali. Spense l'ipod e fece un respiro profondo, sperano di trovare solo Killian dentro, sarebbe stato più semplice senza gli altri in giro. Stavolta Nath mi scuoierà viva e userà la mia pelle per foderare una borsa. pensò, mentre bussava alla porta.
     
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    Non si poteva certo dire che Nicole fosse una campionessa di prudenza, o una paladina della fortuna. Ma per una volta, come ogni tanto l'universo quasi per caso decide di fare, il corso degli eventi non le era avverso. Come a scusarsi di tutti i guai che le aveva causato, dio, il karma o chi per lui, l'universo aveva deciso di esaudire il desiderio della nonmorta. Avvicinandosi a quella porta di legno verniciato nel quartiere di boccadasse, isolata e quasi diroccata, Nicole avrebbe trovato la strada sgombra e libera. La casa degli immortali era vuota, se non per un ragazzo, due anime e quattro coscienze. Tutte rinchiuse nel medesimo ammasso di atomi e poi molecole, più comunemente chiamato cervello. Per gli amici, la personalità dietro a quell'ammasso di cellule in questione si poteva addirittura chiamare per nome: Kilian Knoire.
    Quella stessa mente, un po' complessa ed appesantita, era in quel momento concentrata su un fastidioso ronzio proveniente da dietro le orecchie del malcapitato. Sì, esattamente. Kilian sedeva di fronte allo specchio, osservandosi il profilo riflesso. La luce del sole autunnale illuminava la pelle chiara ed i mossi capelli corvini, senza raggiungere gli occhi color ghiaccio. Sedeva osservandosi, serio e vagamente corrucciato, assorto. Percepiva, in sottofondo ai suoi pensieri, un ronzio simile a quello prodotto da un alveare attivo, dalla forza crescente. Era cominciato la sera prima e non si era fermato, senza alleviarsi o peggiorare.
    Il silenzio, a parte per quel rumore che solo lui pareva poter sentire, era assoluto. Seduto in quella che era la sua stanza da cinque anni, al piano di sopra di quella che pareva una pittoresca casa di pescatori, situata tra i carruggi labirintici del quartiere vecchio di Genova, Kilian cercava di gustarsi il silenzio. Se non fosse stato per quel ronzio di sottofondo sarebbe stato assoluto. Sapeva che se avesse aperto la finestra avrebbe potuto sentire il profumo ed il rumore del mare, così come lo stridio dei gabbiani. Forse, pure, la voce di qualche pescatore, la voce arrochita dal fumo. Era mattino presto, appena l'alba. Quella notte aveva dormito a malapena un paio d'ore, preda di sogni dalle forme confuse. Voci, volti che non ricordava, e catene. L'incubo di sfiorarsi il viso e non riconoscerlo al tatto. La sensazione di nausea e rigetto di sentirsi intrappolato in un corpo non proprio, osservando il mondo come prigioniero dietro al proprio stesso sguardo...
    Fu il suono sordo e deciso di un paio di nocche che bussavano alla porta a farlo risorgere dai ricordi della sua notte insonne. Kilian sbatté le palpebre dalle lunghe ciglia scure, alzandosi dalla sedia di fronte alla scrivania. Aveva una stanza semplice, con un letto da una piazza e mezza dalle coperte nere e disfatte, un armadio a specchio e una larga scrivania in legno scuro. Sopra di essa vi erano tre scaffali, pieni zeppi di libri. Alcuni stavano in terra, a portata di mano di fianco al suo letto. Altri erano impilati, mischiati con qualche fumetto e disegno, da un lato della scrivania. Una tazza di tè verde, ormai freddo, era appoggiata sopra agli appunti di matematica, rimasti lì dalla sera prima. La stanza era ordinata, organizzata, ma con i resti della confusione di qualcuno a cui non importa se vi è disordine per qualche ora. Il ragazzo appena quindicenne posò i piedi nudi a terra, percependo la moquette sulla pelle. Aprì la finestra, sporgendosi.
    La cosa bella della casa di Nathlija, era che era in grado di mimetizzarsi ovunque. Era come se quella donna fosse in grado di far stare un palazzo in una scatola da scarpe... O in un appartamento a due piani di una casa sul mare. Così facendo la sua stanza si affacciava alla finestra del secondo piano della casa, mentre in verità l'interno era molto più ampio di quel che appariva dall'esterno...
    «Ehi, non sai che hanno inventato i campanelli?»
    Il ragazzo si sporgeva alla finestra, i capelli corvini illuminati dal sole. Il viso così simile a quello della madre si rivolgeva alla ragazza pochi metri sotto di lui. Non erano neanche le sette del mattino. Osservò la ragazza. Se non avesse avuto la finestra affacciata sulla strada di fronte alla porta non l'avrebbe nemmeno sentita bussare. Era vestita come una qualche young metal lover o qualcosa di simile, capelli tinti e tutto il resto. Ci mancavano solo i tatuaggi ed i piercing a completare il tutto, ma la ragazza pareva avere un volto da bambola chiaro e pulito, ordinato. Sembrava avere un paio d'anni meno di lui. Kilian escluse che fosse lì per Nathlija. Cercò di ricordarsi se per caso l'avesse vista da qualche parte. Magari andava all'artistico... Ma era certo che avrebbe notato qualcuno con i capelli blu se l'avesse visto.
    «Cerchi qualcuno?» le chiese, gentilmente. Aveva ancora la maglia del pigiama, una semplice t-shirt bianca, addosso. Non aveva assolutamente voglia di scendere per aprire la porta ad una sconosciuta.
     
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    Mentre attendeva che qualcuno rispondesse, Celestina diede un'occhiata al quartiere, tutto composto da case color pastello, che sembravano riflettere e intensificare la debole luce del solo mattutino. Rustico. pensò, alzando lo sguardo fino al cielo, in stavano iniziando ad accumularsi nuvole che non promettevano nulla di buono. Fortuna che non era lì da turista, si disse, mentre faceva un palloncino con la gomma da masticare che teneva in bocca. Adorava le gomme, non sentiva nessun sapore quando le masticava. Rispetto al resto del cibo, che nella sua lingua aveva il sapore della cenere, era un enorme miglioramento.
    Finalmente, Killian rispose, portandole una ventata di ottimismo. Certo che sapeva dei campanelli, ma bussare alla porta era un suo modo per farsi riconoscere dagli altri immortali. Se nessuno di loro era venuto ad aprirle, voleva dire che il ragazzo era da solo.
    Peccato, però, che apparentemente non si ricordasse di lei. Questo avrebbe complicato non poco il suo piano. Che screanzato, è questo il ringraziamento per avergli fatto da baby sitter per i primi anni di vita? pensò, leggermente offesa. Gettò quei pensieri in qualche angolo della sua mente, non c'era tempo per irritarsi, doveva trovare un modo per convincere il ragazzo che era un'amica e che aveva bisogno di aiuto. Ora la presenza di qualche altro immortale le sarebbe stata d'aiuto, sarebbe stato più facile convincere Killian a fidarsi di lei.
    Ma ormai era lì, quindi tanto valeva tentare.
    Davvero non ti ricordi di me? Comunque, mi chiamo Celestina, sono una vecchia amica di Nathalja, è in casa? chiese, sorridendo. Sperò che al ragazzo venisse in mente qualche ricordo di lei, sarebbe stato tutto più semplice. Maledizione, gli aveva salvato la vita, come poteva essere così irriconoscente?!
     
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    Kilian alzò un sopracciglio. Non avendo molti ricordi di lei non poteva rendersene conto, ma era il ritratto sputato di sua madre. La stessa testardaggine, la stessa forza e il medesimo sarcasmo innato. Davanti alla risposta della ragazza ebbe quasi voglia di ridere. Di sicuro non l'aveva vista a scuola.
    «Sei una nonmorta.» disse, come semplice constatazione. Nathlija usava il suo vero nome solo con loro: per il resto del mondo lei aveva le sembianze di Natalia, una donna alta e anziana che si fingeva sua nonna. La ragazza la conosceva, e lui conosceva il suo nome. Celestina era uno dei nomi che ogni tanto Nathlija ed Elesiel pronunciavano, ma non sapeva molto su di lei. Anche se non avesse conosciuto il suo nome gli occhi rossi l'avrebbero comunque tradita.
    «E no, quella vecchia strega di Nath non è qui.» Si mise comodo, appoggiando sulla base della finestra. Fece un sorrisetto storto «Ti farei entrare, ma poi potrei pentirmene. Come faccio a sapere che sei davvero un'anima? Dopotutto gli unici nonmorti che conosco io sono i figli dell'angelo.» disse il ragazzo, alzando con veemenza entrambe le sopracciglia. In realtà era abbastanza sicuro che Celestina non fosse una nemica per il semplice motivo che nessuno dei nonmorti avrebbe mai tentato una tattica così stupida, e nessuno si sarebbe infilato da solo nella tana di Nathlija. Ma se si fosse sbagliato sarebbe finito rapidamente ucciso. Non era una cosa di cui avesse particolarmente voglia. «Puoi dirmi di cos'hai bisogno. O tornare questa sera. Forse allora Nathlija o Elesiel saranno a casa.» propose, cauto.
     
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    Celestina sorrise. Il ragazzo era sveglio, e questa era una cosa buona, non si sarebbe fatto mettere in trappola facilmente. Per contro, doveva trovare il modo di convincerlo delle sue buone intenzioni, se così si potevano definire. Certo, gli voleva proporre di infilarsi di sua spontanea volontà nella tana del lupo, ma era per una buona causa, e avrebbe fatto del suo meglio per proteggerlo.
    Hai ragione, potrei essere una non-morta di Kyriel, ma a questo punto qualcuno dei miei compagni avrebbe già fatto irruzione in casa mentre ti distraevo. Se neanche questo ti convince, posso cercare di farti tornare alla memoria qualche ricordo. Ero io ad occuparmi di te quando eri molto piccolo, sai? Vuoi che ti canti la ninna nanna che usavo per farti addormentare? Oppure, potrei dirti qualcosa che solo chi conosce te, Nath e gli altri potrebbe sapere, come tutti i posti dove avete abitato negli ultimi anni, o che tu hai un piccolo neo sotto l'ombelico. disse, prima di mordersi la lingua. Era state incauta, in un luogo aperto come quello, non poteva sapere chi cosa potesse essere in ascolto, inoltre aveva messo in mezzo argomenti potenzialmente imbarazzanti, e non voleva di certo guadagnarsi l'antipatia di Killian, non solo perché gli serviva il suo aiuto, ma anche perché gli abitanti di quella casa erano la cosa più simile ad una famiglia che aveva, e non voleva inimicarsi nessuno di loro. Certo, col suo piano geniale stava rischiando di farsi odiare da tutti loro, ma se tutto fosse andato bene, avrebbero potuto solo ringraziarla.
    Per quanto riguarda il perché sono qui... ho bisogno di aiuto, e tu sei il solo che può aiutarmi. Nath ed Elesiel non sono d'accordo con quello che ho in mente, e da sola difficilmente potrei riuscire. Odio chiedere a qualcuno di mettersi nei guai insieme a me, ma credimi, è una cosa assolutamente necessaria. continuò a parlare, volgendo lo sguardo altrove. Non era mai stata brava a convincere la gente, finiva sempre per provare imbarazzo.
     
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    Kilian arrossì profondamente. Macchie rosse e disomogenee gli colorarono guance e collo quando la ragazza arrivò a parlare dell'ombelico. Kilian alzò le mani in segno di resa. Non aveva davvero mai creduto che quella fosse una nemica, ma anche con quelle informazioni bisognava essere cauti. Fece segno di resa: non voleva che la fanciulla si mettesse a rivelare altri dettagli imbarazzanti. Era troppo incauta per essere una serva di Kyriel, o forse no?
    «Per quanto riguarda il perché sono qui... ho bisogno di aiuto, e tu sei il solo che può aiutarmi. Nath ed Elesiel non sono d'accordo con quello che ho in mente, e da sola difficilmente potrei riuscire. Odio chiedere a qualcuno di mettersi nei guai insieme a me, ma credimi, è una cosa assolutamente necessaria.»
    «Splendido» disse Kilian, sarcastico e piccato «Adoro le cose assolutamente necessarie.» sospirò, mentre il rossore gli scemava lentamente dalle guance. Ma perché? Gli ci mancava solo una balia bambina immortale. Uno dei motivi principali per cui non voleva finire tra le mani di Kyriel, oltre alla prospettiva di tortura e morte, era il rischio di divenire un immortale quando il suo corpo ancora non rassomigliava la sua mente. Non aveva la minima intenzione di passare l'eternità in un corpo da adolescente... Sapeva che Nathlija gli avrebbe concesso l'immortalità, se lui l'avesse chiesta, ma non era certo di desiderarla.
    Kilian scosse il capo. Diede un'occhiata all'orologio. Mancava mezz'ora alla prima lezione; doveva muoversi.
    «Va bene, ti credo.» disse, per farla stare buona. Aveva le sue riserve, ma forse poteva fugare i suoi dubbi abbastanza rapidamente. Nel frattempo, però doveva uscire, nonmorta o non nonmorta. «Ti farei entrare, ma sto uscendo. Sai, qualcuno va ancora a scuola.» disse, facendo per chiudere la finestra «Ti conviene aspettare Nathlija. Prima o poi tornerà a casa.» si allontanò, senza aspettare risposta.
    All'improvviso, con la finestra chiusa, la camera gli parve scura e polverosa. Fece un gesto stizzito con una mano, prendendo un paio di calze da un cassetto ed infilandosele addosso. Iniziò a vestirsi, controllando al tempo stesso di avere il necessario in cartella. Prese la giacca al volo, un giubbotto di jeans leggero, e iniziò a scendere le scale. Nel frattempo, ragionava.
    In cucina, scomparsa per un paio d'ore, c'era Thién. La sua allucinazione personale, sua sorella morta. Non suonava bene, vero?
    «La conosci?» chiese Kilian, passandole di fianco. Aprì la dispensa, tirando fuori del pan carré. Ne infilò due fette nel tostapane. Sua sorella, corti capelli blu, vestita come sempre in maniera identica a lui, lo seguì con lo sguardo, girando pigramente la testa. Stava addentando una mela. Kilian era però certo che quella fosse reale... E poi la gente si lamentava che lui mangiasse tanto. Poteva un'allucinazione mangiare? Evidentemente sì. E gli rubava pure la nutella.
    «Oh, direi di sì.» disse Thién, vaga. Un po' troppo vaga. Kilian si girò verso di lei, interrogativo. Sua sorella era stata una presenza costante nella sua mente per una vita intera, sapeva quando non voleva dirgli qualcosa. Il punto era tirarglielo fuori: i suoi consigli erano sempre esatti al secondo.
    «Sì? Sì quanto?» Kilian prese a sua volta una mela. Il tostapane liberò le fette di pan carré. Il ragazzo le prese con la punta delle dita, appoggiandole sul bancone, perché chi diavolo al mondo aveva tempo per un piatto...
    «Semplificando?» Thién gli passò la nutella, facendola scivolare lungo il tavolo. Era sempre attenta a non muovere oggetti quando qualcun altro avrebbe potuto notarlo. «L'ho creata io.» fece una faccia quasi dispiaciuta «Peccato che lei non lo sappia. Meglio così, te lo assicuro.»
    Kilian fece un verso sorpreso, ma registrò l'informazione. Prese il barattolo, lo aprì ed iniziò a spalmare la nutella sul pane tostato. «Nice.» Il sarcasmo era una scelta di vita «Quindi non sta con Kyriel?» Thién scosse il capo, la bocca piena di mela. Kilian ebbe ancora l'impressione che non gli stesse dicendo tutto, ma lasciò correre. Era in ritardo.
    «Bene. Quello che però voglio sapere è se, uscendo da quella porta, potrebbe venirle in mente di tagliarmi la gola.» Addentò una fetta di pane. Sua sorella mandò giù il boccone. Fece una risatina.
    «Oh, potrebbe. E' un'assassina. Era. Ha una certa tendenza per la violenza, ma è vero che è lei che si è presa cura di te, da bambino. Ha quasi sgozzato nostra madre, ma non posso dire che non se la fosse cercata.» Come sempre. Kilian registrò l'informazione. Non aveva finito con le domande, ma stava per finire il tempo. Thién lo rassicurò: «Stai tranquillo. E' dei nostri.»
    Tanto a Kilian bastava. Annuì. Poi prese la mela di prima, la rimanente fetta di pane e nutella e, con un cenno della testa, salutò ed uscì. Thién gli fece ciao con la mano, senza seguirlo.

    Kilian si tirò dietro la porta, pane in bocca e mela in mano. La ragazza era ancora lì, davanti alla porta, come dieci minuti prima. Il ragazzo ingoiò il boccone.
    «Io devo andare a lezione.» disse. Poi indicò dall'altra parte della piazza. «Lì fanno dei buoni gelati, ma credo non ti interessi. Il caffé ti tiene sveglia, anche se non ne senti il sapore?» era di sicuro l'incarnazione più informata su se stessa degli ultimi diecimila anni. Senza aspettare la risposta della ragazza iniziò ad avviarsi a piedi.
     
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    Dovette trattenersi per non scoppiare a ridere quando vide Killian arrossire. Forse non aveva scelto la strategia migliore per convincerlo, ma il fine giustificava il mezzo. Peccato che l'avesse solo convinto delle sue buone intenzioni, il ragazzo non sembrava avere proprio voglia di partecipare ai piani della non-morta, al punto che le chiuse la finestra in faccia per prepararsi per la scuola. Celestina si appoggiò ad un muro di fronte la casa, mettendosi gli auricolari e riaccendendo l'i-pod. Sapeva bene che non sarebbe stato semplice arruolare la giovane stella, quindi si limitò ad aspettare che uscisse, facendo vagare i pensieri nel frattempo.
    Scuola, eh? Chissà com'era, andarci. Nel medioevo non esisteva niente del genere, i pochi fortunati come lei, che potevano permettersi un'istruzione, avevano un tutore privato che in genere seguiva un bambino alla volta. Seguire lezioni, studiare insieme ad altre persone della stessa età doveva essere bello. Un paio di volte aveva accarezzato l'idea di iscriversi, ma sapeva bene che era impossibile. Documenti falsi e un leggero trucco potevano farla sembrare più adulta di quanto non fosse in realtà, ma di certo non potevano celare a lungo la sua identità. In una classe, sarebbero arrivate in fretta domande scomode su di lei, e sarebbero incominciate le bugie. In breve tempo, le sarebbe toccato costruire un castello di menzogne più grande della reggia di Versailles, un castello che sicuramente non sarebbe rimasto in piedi a lungo. E dopo? Dopo sarebbe stata costretta a fuggire, provocando un enorme casino. No, non era proprio il caso di fingersi un'adolescenze, senza contare che, in aggiunta ai problemi già citati, si doveva aggiungere la sua antipatia per il genere umano in generale e la sua sete di sangue. Non era più la psicopatica di un tempo, ma l'istinto che la spingeva ad uccidere c'era sempre, e almeno un paio di volte l'anno le toccava soddisfarlo. Non che fosse completamente un male, in quell'epoca un sicario veniva pagato con cifre enormi, e questo le dava un'ottima condizione economica. Tolti i soldi che devolveva regolarmente in beneficenza, le restava comunque parecchio denaro da spendere come voleva, anche se principalmente lo sperperava in viaggi, documenti falsi e strumenti di morte. Le sue armi preferite erano sempre la coppia di pugnali e la wakizashi, ma le piaceva avere il suo piccolo arsenale. E le restavano comunque abbastanza soldi per permettersi tutti i vestiti che voleva e qualche modernità, per stare al passo con i tempi.
    Era così concentrata nei suoi pensieri, e dalla musica degli Slipknot che le rimbombava nelle orecchie, che quasi non si accorse di Killian che usciva di casa, incamminandosi verso la scuola. Si tolse uno dei due auricolari e iniziò ad andargli dietro, ignorando la sua proposta di ripassare più tardi per parlare con Nath.
    Si affiancò a lui, parlando a bassa voce per non farsi sentire da eventuali spie.
    Capisco che non abbiamo iniziato nel migliore dei modi, ma ho davvero bisogno del tuo aiuto. Ti ricordi di Aurielle? E' un angelo, grandissima amica mia e di Nath. Kyriel l'ha catturata, e vorrei assolutamente liberarla. E liberare Kai, già che ci sono. Se c'è qualcuno che non merita di finire nelle grinfie di Kyriel quella è lei. Ho scoperto un passaggio segreto per la Torre, proprio qui a Genova, ma ho bisogno dell'aiuto di una stella, e tu sei l'unico a cui posso chiedere. Non sarà niente di pericoloso, lo prometto, devi solo aiutarmi ad entrare, al resto penso io. E poi... non ti va di testare i tuoi poteri? Sono sicura che Nath ti avrà tenuto protetto per tutto questo tempo, non vuoi dimostrarle quanto vali? Sono sicura che ne usciresti senza un graffio, e staremo via solo poche ore, nessuno si accorgerà della tua assenza. Che ne dici? propose. Forse non era il massimo, come discorso, ma puntava sul fatto che Killian fosse un adolescente, desideroso di mostrare al mondo quanto valesse.

    Edited by Darvar‚ Lord of Shadows - 29/3/2015, 20:41
     
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