It's been a while, girl

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    L’ultima volta che aveva chiesto di lei, se n’era dovuto pentire amaramente. Si era reso conto di aver fatto un errore mortale quando Kyriel si era fermato ed aveva sorriso. Quel sorriso quieto, a labbra appena dischiuse, che aveva imparato a conoscere. Kai si era irrigidito, mentre Kyriel si era voltato verso di lui. Lentamente, con leggerezza.
    «Che cosa hai chiesto?»
    Kai aveva saputo, in quel momento, di aver fatto male a domandare. Come tutte le altre volte precedenti. Ci aveva provato per anni, nei limiti concessi dagli stringenti ordini di quello che, da maestro, si era trasformato in padrone crudele. Aveva stretto le labbra, chiudendo e dischiudendo le dita bianche, per il nervoso.
    «Ho chiesto se tu fossi già tornato -» disse, tentando di sviare la domanda. Non poteva mentire. Kyriel gliel’aveva ordinato molto tempo prima, e nulla era cambiato. Qualsiasi fossero le parole che uscivano dalle sue labbra mentre parlava con lui dovevano essere veritiere. Il tentativo di non rispondere, o di mentire, lo aveva già portato a strozzarsi un paio di volte. La gola si chiudeva. Non era un’esperienza piacevole, tanto più che divertiva quel bastardo di un negromante. Non poteva mentire ma, nell’evitare il peggio, poteva dire qualcosa di vero ma non riferito a quel contesto. “Che cosa hai chiesto” era una domanda sufficientemente vaga, perché non implicava un “quando” preciso. E lui aveva domandato ad uno spirito se Kyriel fosse già tornato giusto cinque minuti prima. Non era mentire. Solo rispondere con una verità differente.
    L’angelo non se l’era bevuta, chiaramente. Il suo sorriso si era allargato. Lui si era alzato, in un fruscio di vesti. Kai aveva fatto un passo indietro, giusto per scoprire di essere andato a sbattere contro un paio di spiriti. Furono svelti a bloccargli le braccia. Il tempo di un ringhio istintivo, un tentativo di resistenza, e Kyriel gli aveva già intrappolato il volto con una mano, sovrastandolo. E Kai non aveva più potuto muoversi; non perché gli fosse stato impartito un ordine diretto, no, ma per mera paura. Kyriel amava toccargli il volto quando gli infliggeva dolore mentale. Il suo, dopo anni, era semplicemente divenuto un riflesso condizionato.
    «Te lo chiederò un’altra volta» aveva detto Kyriel, il volto vicinissimo al suo. Stringeva così tanto da graffiargli il mento, incidendogli la carne delle guance con le unghie. Era diventato molto più forte, in quegli anni. Si nutriva di cose differenti… Kai le aveva viste. «Che cosa mi hai appena chiesto, Kai?»
    «Di vedere Nicole» aveva detto lui, in un sussurro roco. Odiava quando l’angelo faceva quei giochetti. Domande retoriche seguite da punizioni assurde. Non aveva neanche provato a divincolarsi; l’avrebbe reso solo più divertente e piacevole, per gli occhi del suo aguzzino.
    Kyriel, in quell’occasione, l’aveva fatto frustare. Kai odiava le frustate, perché erano una delle poche cose che gli faceva male, e davvero. Bruciavano la carne come fuoco vivo – e il dolore da ustioni era una delle poche cose che gli arrivava al cervello. Quello, chiaramente, era anche il preciso motivo per cui Kyriel le usava. Ci metteva molto poco, potenzialmente parlando, a fargli percepire dolore. Ma non era quello il punto; a Kyriel piaceva guardare mentre gli si faceva del male.
    L’angelo era stato tassativo per anni. Al solo nominare il nome della ragazza lo puniva. Kai aveva imparato a mordersi la lingua. Lo odiava in silenzio. E questo lo divertiva. E quando esplodeva, aggredendo qualcosa o qualcuno, lo divertiva ancora di più. Una volta, tempo dopo, lo aveva rinchiuso in una cella per quasi tre mesi, senza cibo. E quando era tornato a riprenderlo, teneva per i polsi una ragazza. Viva. Indifesa. Aveva sorriso ed aveva sfidato Kai a continuare con il suo sciopero della fame.
    «Non ti ordinerò di nutrirti. Puoi fare l’idiota quanto ti pare; il tuo corpo reclama sangue ed è questo che ti porto. Voglio solo sapere quanto resisterai…» e così dicendo, con un’unghia, aveva graffiato la ragazza sul collo. Kai, che si era allontanato nell’angolo più lontano della cella, tentando di non cedere all’istinto brutale della fame, aveva rabbrividito. Ed era finita esattamente come Kyriel desiderava, e senza che gli avesse dato alcun ordine. Aveva aggredito quella povera giovane urlante tra le braccia del negromante stesso. Le era saltato alla gola mentre Kyriel la teneva ferma, strappandole la vita e sporcando entrambi – allievo e negromante – di caldo sangue. Aveva provato un sollievo ed una disperazione così profonda che gli avevano fatto odiare la sua condizione così profondamente che poi, appena finito di uccidere la ragazza, aveva morso la gola di Kyriel. Che, da parte sua, aveva riso, rigenerandosi, e l’aveva lasciato fare. Kai aveva bevuto sangue d’angelo misto a carne umana, quella notte. Non l’aveva dimenticato. Kyriel giocava con lui, con la sua rabbia ed il suo odio, come un sadico maledetto. Eppure quella sua iniziativa, quella notte, doveva averlo divertito.
    «Ti sei comportato come speravo. Bravo.» gli aveva accarezzato il capo, come se fosse stato un animaletto da compagnia o qualcosa di simile. Erano entrambi in terra, coperti di sangue, le interiora della ragazza morta sparse intorno a loro. Il rosso, sul pallore di Kai, risaltava in maniera inquietante. Kyriel però pareva molto contento. Kai, momentaneamente stordito dal pasto, non aveva reagito. Aveva lasciato che lo toccasse. Come se avesse potuto impedirglielo. Lo stupore era giunto quando Kyriel, spontaneamente, gli aveva accordato il permesso tanto agognato.
    «Puoi vedere Nicole. Disattiverò i sigilli per mezz’ora.» aveva sorriso, paternamente. A volte pareva che gli volesse sinceramente bene. E probabilmente era anche così, in una strana visione malata chiara solo nella sua testa. L’odio di Kai era troppo profondo ed implacabile perché lui potesse amare il suo aguzzino. Non con tutte le sue memorie. In ogni caso, era rimasto ben zitto e, con la gioia negli occhi che ben si addiceva a quella situazione, aveva annuito. Kyriel aveva sorriso, soddisfatto.
    Quel ragazzino era uno spasso.

    Mezz’ora dopo, ripulito, Kai era sceso nelle segrete. I sigilli sulle scale, che normalmente gli avrebbero bruciato la pelle al passaggio – esperienza particolarmente dolorosa – erano spenti. Il passaggio era libero. L’oscurità, altrimenti completa, veniva cancellata dalla torcia che il ragazzo portava tra le mani. Non perché non potesse vedere al buio, quanto più per tenere lontani dalle sbarre gli sfregiati dei livelli superiori, sempre affamati. Per giungere da Nicole doveva attraversare ben sei livelli di celle differenti. La ragazza era in fondo a tutte. Ma per quella notte, e quella notte soltanto, la strada sarebbe stata sgombra. Kyriel gli aveva accordato quel tempo. Gli ordini erano stati molto chiari e stringenti. Poteva rimanere al massimo un paio d’ore e non poteva farle lasciare la cella o darle alcuna informazione utile a farla uscire. «Puoi parlarle di quello che vuoi. Ma non voglio che entri nella cella anche tu. A meno che tu non ci voglia entrare incatenato.» aveva sorriso «Il che, chiaramente, dipende da te. Portale i miei saluti, e dille che non mi sono dimenticato di lei
    Quell’ultima frase lo aveva fatto rabbrividire, ma si era trattenuto dal digrignare i denti. Stava diventando bravo a mentire. Questo però non gli evitò di buttarsi a capicollo giù dalle scale, nella fretta di rincontrarla.

    Kai rallentò, alla fine dell’ultima rampa di scale. Faceva freddo. Era buio. Il soffitto era basso e vi era odore di muffa e di morte. Lo stomaco contratto, il ragazzo fece un passo avanti, entrando nell’ultimo livello delle segrete. Le celle erano quasi tutte vuote. Il silenzio era pesante.
    I suoi passi risuonarono lievi sul pavimento di fredda pietra. Lentamente, Kai passò di cella in cella, arrivando fino all’ultima. Nicole non era in nessuna di quelle precedenti. Ma il silenzio era assoluto. Il ragazzo alzò la torcia, illuminando l’interno.
    «Nicole?» sussurrò, pianissimo. Nel silenzio mortale parve uno squillo di tromba.


    Sono passati anni.
    Kai non ha potuto vederla e, ogni volta che domandava, veniva punito.
    Che cosa è successo a Nicole - in che condizioni si trova e come è composta la sua prigioni - lo inventi tu.
    Enjoy! (spero ti piaccia)
     
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    Si sedette di fronte alla porta della sua cella, sperando di trovare un modo per uscire. Non che nutrisse molte speranze di farcela, essendo bloccata lì da... anni? Un decennio? Saperlo con esattezza era impossibile, a meno che non passasse qualcuno a cui chiedere l'anno, cosa infinitamente improbabile. Avanti! Ci deve pur essere un punto debole, un dettaglio che mi è sfuggito! La porta, in sé, non era un problema, aveva scassinato la serratura all'inizio della sua prigionia. Il problema erano le rune tutt'intorno all'ingresso. Appena provava a mettere un dito fuori dalla cella, quelle si attivavano, mandandole scariche che la facevano precipitare in un abisso di dolore, impedendole di varcare la soglia. Anche questo scoglio sarebbe stato arginabile, bastava avvicinarsi ai sigilli dalla giusta angolatura e cancellarli con un coltello. Peccato che i sigilli si spostavano lungo la parete appena tentava di toccarli, rendendole impossibile anche solo scalfirli. E, ovviamente, non poteva farsi strada scavando nelle pareti spesse tre metri.
    Sbuffò. Clariel, che tu sia maledetto. Se non fosse stato per te non mi sarei cacciata in tutto questo.
    Lei e Kai erano corsi per salvare l'angelo, quando quello aveva tentato di uccidere Kyriel da solo e mettere fine a tutta la storia. Ovviamente l'idiota era finito prigioniero, e Kai si era precipitato a salvarlo. Perché non gli ho dato una botta in testa e non l'ho trascinato il più lontano possibile? Ovviamente, erano passati dal male al peggio, col ragazzo prigioniero e lei in fuga, braccata da un branco di non-morti. Rise amaramente a quel ricordo. Davvero Kyriel pensava che quei burattini potessero competere con lei? In un paio di giorni li aveva eliminati uno ad uno, scivolando come un'ombra in mezzo a loro, confondendoli e colpendo. Poi era andata in città, aveva recuperato l'arma che aveva progettato per uccidere l'angelo, si era infiltrata nella cattedrale, adesso più simile ad una torre e...
    Erano tutti lì. Clariel, in catene, Kai, immobilizzato sopra un'altare, e Kyriel, trionfante. Uccidere il necromante sarebbe stata una follia, in quel momento, nel suo terreno ideale e probabilmente con tanti servi pronti ad essere chiamati. Il piano era un'altro.
    Approfittando di un'attimo di distrazione del folle, scatto verso l'altare, puntando. l'arma al cuore di Kai, svenuto. Bene, "maestro". Ora discutiamo. L'arma che ho in mano contiene una fialetta di acqua benedetta, se la pianto nel cuore di Kai potrai dire addio per sempre alla tua marionetta. Quindi, devi promettermi che riprenderai entrambi al tuo servizio come se nulla fosse successo. Niente punizioni, niente rimozioni della memoria, niente catene. Saremo di nuovo i tuoi adorati allievi, sono pure disposta a lasciarti usare il mio corpo per un singolo esperimento, come prova di buona volontà. Che rispondi?
    Il ghigno dell'angelo aveva tormentato i suoi incubi per parecchi mesi. Tu non sei nelle condizioni di trattare per alcunché anzi, mi hai fatto anche il favore di consegnarti su un vassoio d'argento.
    Una calma gelida era scesa su di lei. Bene. sibilò, affondando l'acciaio nel cuore del suo amato, uccidendolo. Premette il pulsante nascosto nascosto nell'elsa, e la lama si aprì in due. La fialetta al suo interno, spaccata dall'urto, riversò il suo contenuto. Kai era andato.
    L'angelo scoppiò a ridere, iniziando a declamare lunghe formule. Con orrore di Celestina, la ferita nel corpo di Kai si richiuse e il suo corpo fu attraversato da spasmi. Aprì gli occhi per un secondo, occhi rossi, occhi da non-morto, e infine giacque immobile. L'assassina capì di aver sottovalutato Kyriel una volta di troppo. Adesso non aveva altra scelta. Uno di loro due sarebbe dovuto morire. Sostituì la fiala di acqua benedetta e colpì, fulminea. Il colpo andò a segno, il liquido bruciò la carne dell'angelo nero come acido. E lui sembrò quasi goderne. La non-morta capì di essere sconfitta prima ancora che le ombre viventi evocate dall'avversario calassero su di lei.

    E poi erano seguiti lunghi anni di prigionia. La cella era una grossa grotta, con una piccola pozza alimentata da un fiume sotterraneo e nient'altro. I primi tempi, Kyriel era venuto di tanto i tanto a torturarla. E ora preparati a pagare per tutto quello che hai fatto. Dammi il nome del tuo Maestro, assisterai al tormento della sua anima.
    Lei era stata zitta, rifiutandosi di rispondere. Le aveva bruciato il viso con l'acqua benedetta ma, a parte le urla, lei non aveva detto nulla. Passò mesi e mesi sola, mentre le ferite guarivano con lentezza esasperante, bruciando fino a quasi farla impazzire. L'angelo ci riprovò nuovamente, bruciandole le carni fino all'osso. Ebbe ancora meno successo della volta prima, la carne che ricresceva faceva meno male della carne bruciata che guariva.
    Per sfida, le aveva dato i suoi vecchi pugnali col manico di cristallo nero, e le aveva mandato addosso un'orrore dopo l'altro finché lei non crollava a terra, sconfitta, i vestiti a brandelli e ridotta in condizioni che avrebbero ucciso una persona normale. Non parlò mai, anche quando Kyriel minacciò di torturare Kai. Sapeva che il suo amato era perduto, che avrebbe sofferto anche se lei avesse risposto.
    Kyriel si era stancato. Erano all'incirca un paio di anni che non si ripresentava, e lei sorrideva per quella piccola vittoria morale. Sapeva che prima o poi sarebbe tornato per farle del suo peggio, ma per il momento si godeva quella pausa, progettando metodi di evasione destinati a fallire uno dopo l'altro.

    Nicole? quel suono le fece più male di tutte le torture messe insieme. Era facile ignorare l'esistenza di Kai, se non aveva modo di vederlo, ma il solo sentire la sua voce faceva riaffiorare sentimenti a lungo sopiti. Le lacrime le inondarono il viso, il suo autocontrollo andò in pezzi. Sono qui. rispose, singhiozzando.
     
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    Quello che Kai sentì, dopo le sue parole, gli frammentò il cuore in centinaia di minuti frammenti di vetro. Nicole stava piangendo, singhiozzando di dolore puro. Kai perse il controllo, l’animo straziato. Sapeva, oh certo che lo sapeva, che Kyriel doveva averle fatto del male. Non era da lui avere una preda indifesa e farle avere una vita tranquilla. Ma lui conosceva anche la forza di Nicole, la sua testardaggine… A differenza sua, credeva, non si sarebbe mai piegata. Non era nata per essere una schiava: Nicole era fuoco, avrebbe resistito a tutto, immutabile. Avrebbe riso davanti a Kyriel ed alla sua follia, regalandogli il suo spregio e il suo disprezzo. Era convinto, in qualche modo, di ritrovarla così. Furibonda, in catene, ma indomita. Quelli che sentiva, invece, erano singhiozzi di dolore, espressione di una sofferenza per lui intollerabile. Singhiozzi che conosceva, il singhiozzare senza scampo delle vittime. Orribili, se provenienti dalla voce di Nicole.
    Kai lasciò cadere la torcia in terra, incapace di trattenersi. Appoggiò le mani contro la porta, chiusa dall'esterno da una sbarra di metallo. Nicole doveva aver anche scassinato la serratura, in tutto quel tempo, ma doveva esserci di più.
    «Nicole!» la sua voce si fece più alta. Batté contro la porta con il palmo della mano, disperato e furibondo. Avrebbe voluto radere al suolo quelle mura, quella porta che gli impediva di vederla ma non di sentirla. Si allontanò, come una furia in gabbia, comprendendo l’ennesima prova del sadismo di Kyriel. Lui non poteva entrare né farla uscire; si era aspettato di trovare delle sbarre, non dei muri massicci. Si era aspettato di poterla toccare, o almeno vedere. Ed invece doveva sentire solo i suoi singhiozzi, senza poterla confortare.
    La furia lo avvolse. Di nuovo. Quell'angelo era un mostro. Si riavvicinò alla porta, appoggiandovi di nuovo sopra le mani. Percepiva i sigilli attivi dietro di essa. Sigilli di dolore e proibizione, probabilmente. Kyriel gli aveva insegnato molte cose, in quegli anni. Se c’era una cosa che l’angelo non sopportava era l’ignoranza. Appoggiò l’orecchio alla porta.
    «Nicole, stai bene? Che cosa ti ha fatto?» non poté evitare di far trapelare tutta la sua rabbia attraverso la sua voce vibrante. Sapeva che, molto probabilmente, nell'ombra vi era almeno uno dei corvi di Kyriel, conoscendo la sua paranoia. Ma non aveva importanza. Da anni osservava le sue reazioni come si osservano con divertimento quelle di un animale da compagnia. Che pure vedesse la sua disperazione e il suo amore, era l’ultimo dei suoi problemi. Non avrebbe potuto disubbidire ad un ordine diretto neanche volendo.
    «Non posso entrare.» spiegò, la voce incrinata «Non posso disubbidire ad un suo ordine. Ti prego, dimmi come stai. Che cosa ti ha fatto, cosa è successo…»
    Domande inutili, lo capiva anche lui. La ragazza non vedeva l’esterno della Torre da anni. E di anni ne erano passati dodici. Probabilmente neanche sapeva che la cattedrale si era trasformata nella Torre di Babele! Si era illuso che Kyriel, oltre alla cattività, non le avrebbe imposto nulla. I patti erano quelli; Nicole avrebbe sofferto per ogni volta che lui l’avesse scontentato. Erano anni ed anni che non accadeva. Kai era diventato bravo, attento, l’allievo perfetto, qualcuno di cui Kyriel – esclusi i suoi scatti di sadismo e cattiveria – potesse addirittura fidarsi. Non poteva ribellarsi a lui in alcun modo e, con la minaccia di far del male a Nicole, lui stesso era incentivato a fare del suo meglio per evitare qualsiasi fallimento. E ci riusciva. Kyriel aveva mantenuto anche la sua prima promessa, quella dell’insegnamento. La magia oscura, il potere della negromanzia e degli angeli insieme, erano tutte arti che anche lui, data la sua triplice natura, poteva padroneggiare. Non aveva più le ali, ma per pochi mesi era stato un angelo anche lui…
    Eppure si era illuso che il massimo che Nicole avesse dovuto soffrire, data la prigionia e la sua bravura, fosse stata la noia. Che idiota, come aveva potuto fidarsi di Kyriel? Quell'angelo si cibava di sofferenza con lo stesso piacere con cui un orso si ciba di miele. Adesso che la possibilità era concreta, la fantasia di Kai galoppava. Lui non sapeva neppure come fosse stata catturata, Nicole. Erano stati i suoi vestiti, che Kyriel gli aveva portato come prova, a convincerlo. Erano loro, perfetti; avevano persino il suo profumo. Nicole era davvero prigioniera, anche se lui non l’aveva mai vista. Erano una prova tangibile.
    Aveva sopportato sofferenze e umiliazioni credendo così, in un certo senso, di proteggere la sua amata. Fintanto che Kyriel si fosse sfogato su di lui non avrebbe fatto del male a lei. Era un’idea confortante. Ma chiaramente sbagliata.
    «Nicole, ti prego, dimmi esattamente che cosa ti ha fatto» la voce di Kai vibrò di rabbia, mentre lui tremava, odiando quella porta sbarrata che lo divideva da lei. Kyriel non gli aveva mai ordinato di non ucciderlo o fargli del male. A che pro? Dopotutto, l’angelo era immortale, e godeva della propria sofferenza. Un attacco contro di lui, poi, significava una scusa per fargli del male per anni, dopo l’accaduto. Qualcosa da rinfacciargli, per fargli paura. Kai era certo che Kyriel provasse ancora maggior soddisfazione quando lui non faceva qualcosa per paura, piuttosto che per un ordine diretto. Per addestramento, e non per costrizione. Come quando gli bloccava il volto tra le mani e lui non riusciva più a muoversi, sapendo cosa sarebbe giunto di lì a poco.
    In quel momento, sentendo i singhiozzi di Nicole, Kai era pronto a correre qualsiasi rischio e fargli passare le pene dell’inferno. Gli avrebbe nuovamente distrutto l’Oculus, non aveva importanza se il dolore si sarebbe distribuito anche su di lui. Finché era distrutto il controllo di Kyriel su di lui si attenuava. Poteva cercare di opporsi agli ordini diretti, in quella situazione. Lo avrebbe ucciso e, approfittando della doppia debolezza (mancanza di corpo e di Oculus) avrebbe fatto uscire Nicole. Ma non poteva dirglielo, perché gli era stato ordinato di non darle informazioni utili a farla uscire… Un grido di rabbia gli uscì dalle labbra, e lui fece per battere un pugno contro la porta. Il braccio si contrasse, con uno spasmo. Un suo pugno avrebbe crepato la porta. In un certo senso, significava minare le difese della prigione ed agevolare l’uscita di Nicole. Il grido di rabbia si trasformò in uggiolio di sofferenza. Kai tacque e fece un passo indietro, tenendosi il braccio contratto con l’altra mano. Pulsava di dolore.
    Si lasciò cadere a terra, appoggiando la schiena contro la porta.
    «Ti tirerò fuori» promise «Non so come, ma ti giuro che troverò un modo. Ti amo.»
    Rimase lì, il braccio pulsante di dolore, il cuore a pezzi, aspettando la sua voce.
     
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    Disastri. Sapeva solo combinare disastri. Sul serio, aveva mai fatto una cosa giusta, in vita sua? Si era fatta dominare dalle emozioni, e ora Kai era più preoccupato che mai, come se non avesse già abbastanza grattacapi con l'angelo. Si sforzò di calmarsi, ma era impossibile, quindi cercò di calmare il ragazzo, anche se sembrava un'impresa ben oltre le sue capacità. Sto bene tranquillo. Soltanto... in tutto questo tempo... ho cercato di pensare il meno possibile a te, a quanto mi mancavi. La solitudine è la cosa peggiore, non importa quanto dolore Kyiriel posso infliggermi. sospirò riuscendo ad arginare le lacrime Sto piangendo per la gioia. Non osavo sperare di sentire di nuovo la tua voce. Non puoi immaginare quanto sia bello.
    Con sua enorme sorpresa, si accorse che era vero, in mezzo a tutte le lacrime era spuntato un sorriso. Si sedette a terra, le gambe sembravano essere diventate di gelatina, poi pensò sul serio alla domanda di Kai. Sto bene, sul serio. Qui non c'è molto per curare l'igiene, quindi suppongo di puzzare un bel po', e i vestiti sono ridotti così male che non potrei andare in giro in città senza suscitare uno scandalo. Per il resto, nessun problema, mi aggiusto in fretta, lo sai. la sua voce si fece preoccupata Tu, piuttosto? Tutto quel tempo nelle grinfie di quel pazzo... cosa hai subito? Il mio soggiorno qui sarà stato probabilmente un paradiso in confronto a quello che hai passato tu.
    Doveva vederlo. In che condizioni l'avrebbe trovato? Poggiò la punta di un pugnale sulla porta e provò a spingere. Bloccata come sempre. Però la serratura era ancora rotta, probabilmente fuori c'era qualcosa che sbarrava l'ingresso, un masso o una spranga. Senti... so che sicuramente avrò un'aspetto orribile e indecoroso, però mi piacerebbe vederti. Se tu riuscissi a togliere ciò che blocca la porta, potrei aprirla. I sigilli si attivano solo se si cerca di uscire, lo so perché ho scassinato la serratura. Non dovrebbero attivarsi su sbarre o massi, o qualunque cosa mi impedisca di muovere la porta. Se non ci riesci, non preoccuparti, possiamo sempre restare qui a parlare. Ti ho mai detto che adoro il suono della tua voce?
    Sono davvero riuscita a fare una battuta? Sono fiera di me. pensò, tra il sarcastico e il sorpreso.
    Anzi, mentre togli la sbarra, per favore, parla. Dimmi cosa hai fatto in tutto questo tempo.
     
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    Kai chiuse gli occhi, tenendosi sempre il braccio contratto con l’altra mano. Si godette la voce di Nicole e si commosse, dopo tutto quel tempo. L’aveva sognata molte volte, in quegli anni, ed il senso di colpa, il rimpianto e l’odio lo avevano accompagnato passo passo. Aveva desiderato stare con lei così tanto, ed adesso che poteva sentire la sua voce, anche se solo quella, gli si contrasse qualcosa all’altezza del cuore. Sentì la gola serrarglisi per la commozione, e si ritrovò a piangere. Fredde lacrime d’argento gli scesero sul volto bianco, e lui fece del suo meglio per non singhiozzare, anche lui per la gioia. Stava bene, diceva?
    «Sto piangendo per la gioia. Non osavo sperare di sentire di nuovo la tua voce. Non puoi immaginare quanto sia bello.»
    Kai rise, piangendo. «Fidati, lo so. È lo stesso per me.» si schiacciò contro il muro, come a voler esserle più vicino «Oh Nicole, quanto mi sei mancata… Mi dispiace, ti giuro, mi dispiace così tanto.» Se non fossero tornati per Clariel forse tutto ciò non sarebbe accaduto. Sarebbe riuscito a tenere Nicole fuori, almeno, chi lo sapeva. Si era ostinato a fare la cosa giusta, perché non aveva voluto essere una persona che per la propria salvezza abbandonava i propri compagni, ed adesso… Quando si era risvegliato, incatenato, aveva capito che il suo peggior incubo era diventato reale. Kyriel gli aveva rimosso le ali, lui era nuovamente un nonmorto e sia lui che Clariel erano soggiogati all’angelo nero. Ma, peggio di qualsiasi altra cosa, Nicole era prigioniera…
    «Tutto quel tempo nelle grinfie di quel pazzo... Cosa hai subito? Il mio soggiorno qui sarà stato probabilmente un paradiso in confronto a quello che hai passato tu.»
    Kai rise ancora, amaro. Il braccio destro stava ritornando normale, e il dolore svaniva gradualmente. Desiderava ardentemente toccare Nicole, più di qualsiasi altra cosa. Baciarla, sentire il suo profumo, accarezzarle i capelli… Non importava se non era particolarmente pulita, lui voleva solo sentirla tra le braccia.
    «Non dire sciocchezze, per favore. Io avevo il sole. E posso uscire, e lavarmi, e… Adesso è solo come avevi detto tu all’inizio. Kyriel non è più un maestro da molti, molti anni. Adesso è il Magister, ed un padrone. E basta» la voce di Kai si incrinò. Non aveva la minima intenzione di raccontarle delle cose brutte. Non era lui quello prigioniero in una segreta; qualsiasi cosa Kyriel gli avesse mai fatto, lui aveva ancora il vento sul viso, la possibilità di muoversi, vivere. Sì, la sua catena era stretta e il suo guinzaglio corto, ma non viveva chiuso in una prigione. Anche adesso, che era appena uscito da un isolamento durato tre mesi, si era trovato in un tipo di cattività ben differente. Lui aveva le sbarre, non i muri e le porte, ed un giaciglio. Aveva la luce. Sì, aveva avuto anche un collare di metallo stretto intorno al collo, ma non aveva la minima importanza. Non avrebbe raccontato a Nicole della paura che blocca i muscoli, di quando tremava perché non sapeva se Kyriel si sarebbe infuriato o meno, di quando urlava sotto i colpi della frusta.
    Non le avrebbe neanche raccontato cosa aveva fatto a Clariel.
    Kai si passò una mano intorno al collo. Il collare che gli aveva stretto la gola per tre mesi non c’era più. Kyriel gliel’aveva tolto poco prima. Non serviva a nulla, solo ad umiliarlo. Kyriel era bravo in quelle cose. Si divertiva fino a farlo impazzire. Lo portava al limite, fino a farlo implorare o peggio. Kai non si vergognava a dire che, in quegli anni, aveva pianto e singhiozzato per il troppo dolore. L’unica cosa che lo terrorizzava era l’idea che Nicole avesse dovuto subire quello che aveva dovuto subire lui, anche solo in minima parte.
    Non l’avrebbe sopportato.
    Nicole gli chiese di aprire la porta.
    «Non devi uscire» le disse Kai, alzandosi «Non devi assolutamente uscire. Ti posso aprire solo perché mi hai detto che c’è quel cerchio di rune, ma se non ci fossero non potrei muovere le braccia per aprire la porta…»
    Alzò la sbarra che bloccava l’ingresso. Sì, ci riusciva senza spasmi, aprire quella porta non significava liberare la ragazza.
    «Sono cambiate molte cose. Sai, prima, dieci anni fa, potevamo sostanzialmente fare quello che ci pareva. Più o meno, sì, hai ragione, ma devi riconoscere che la situazione… Be’, era più rilassata di adesso, diciamo?» Wow, anche lui riusciva a fare qualche battuta. Incredibile. «Adesso non più. Se mi ordina qualcosa, qualsiasi cosa, devo obbedire. Non posso fisicamente impedirmelo… Allo stesso modo, Nicole, se mi ordinasse di farti del male non potrei oppormi, lo capisci? Non uscire. Dio sa se voglio che tu esca di qua, ma se tu provassi adesso… Dovrei ucciderti. E non potrei impedirlo. Mi hai capito?»
    Le sue mani tremarono. Aspettò un secondo, prima di aprire la porta. Non era sicuro di essere pronto a vederla. Se avesse visto segni di tortura, o sofferenza, sarebbe semplicemente impazzito. Cercò di buttarla sul ridere.
    «Non spaventarti quando vedrai la mia brutta faccia. Sono solo un po’ più pallido del solito. Kyriel mi ha tenuto a digiuno per un po’. In quanto a te, non preoccuparti. Non c’è nulla di indecoroso per me, no? Sei mia moglie.» la sua voce si colmò di profonda tenerezza. Dio mio, quanto la amava. Aprì la porta.
    Kai trattenne il fiato, ma la sua fantasia aveva galoppato ben più avanti della realtà. Aveva visto buchi così oscuri e piccoli da poter ospitare solo uno scheletro incatenato – ciò che tutti i prigionieri che non erano convertiti in cibo per lui o gli sfregiati divenivano presto – così stretti da non permettere di stendersi oppure dai soffitti così bassi da non poter stare eretti. Le peggiori erano le celle scavate nel terreno, così che chi vi stava dentro aveva l’impressione di essere sepolto vivo. Peggio ancora quando ai piedi avevano anche l’acqua. In quelle celle si durava davvero molto poco.
    La cella di Nicole era abbastanza larga da permetterle addirittura di camminare. Più o meno, era poco più piccola di quella in cui Kyriel aveva rinchiuso lui fino a poche ore prima. Sì, la sua era stata simbolica, giusto per spingerlo fino ai suoi limiti e torturarlo un po’, ma non seriamente. Era stato lasciato quasi in pace per tre mesi, fame e derisione a parte. Anche Nicole, alla fine, era stata fortunata. Aveva persino l’acqua, e Kyriel non aveva nemmeno appeso dei ganci al soffitto per appenderla. Kai, però, alzò lo sguardo. Vi erano quattro anelli di metallo incastonati della roccia. I ganci c’erano stati, in passato.
    Tutto sommato, però, Kai aveva temuto ben di peggio. «Grazie a dio» mormorò, sinceramente sollevato. Si era aspettato un inferno. Invece era solo una cella di reclusione. Forse Kyriel aveva mantenuto la sua parola, smaltita la rabbia iniziale…
    Ma la cosa più importante era Nicole. Lì, vicinissima fino a quasi toccarla… Kai allungò un braccio, ma non poté continuare. Non poteva entrare.
    Le lacrime di commozione iniziarono a scendergli sul viso. «Nicole» sussurrò, guardandola. Gli era mancata così tanto! «Dimmi che non ti ha fatto del male.»
    Cadde in ginocchio. Voleva entrare, toccarla, baciarla. Sua moglie. La sua amatissima Nicole. Si sarebbe ucciso, per tenerla al sicuro. Ed invece era nel luogo più pericoloso del mondo, prigioniera di un folle che era anche il loro comune padrone. Per colpa sua.
    «Dimmi che non ti ha fatto del male» ripeté «Oppure dimmi cosa ti ha fatto, e io lo farò a lui. Tutto, Nicole, o ti giuro che la mia testa impazzirà nell’immaginare ciò che avrebbe potuto fare.» deglutì «Perché ti giuro, so cosa può fare. E la sola idea che abbia potuto toccarti, farti far del male, oppure… Di peggio… Mi ha fatto impazzire ogni giorno di questi anni. E il non poterti vedere… Lo faceva apposta, per farmi impazzire. Mi ha negato il permesso per anni.» gli sfuggì un singhiozzo «Ma adesso sono qui. Farò tutto quello che potrò per tornare da te. E per farti uscire. Te lo giuro.»
     
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    Un sorriso comparve sulle sue labbra quando sentì Kai mettersi al lavoro per rimuovere la sbarra che bloccava la porta. Farà male vederlo di nuovo, senza però stringerlo, molto male. Ma ne varrà la pena, non ne posso più di stare da sola, visite di Kyriel a parte. pensò mentre rispondeva a suo marito. In pratica, è tutto come prima, solo che ti rendi conto di essere uno schiavo, adesso. nonostante tutto, non si era mai convinta che la condizione di Kai prima di conoscerla fosse davvero felice. Semplicemente, il ragazzo era benedetto da una felice ignoranza. Sempre che le stesse dicendo la verità, nascondendo chissà quali tormenti e ingiustizie. Decise che gli avrebbe confessato tutto quello che le era successo, ma anche lui avrebbe confessato.
    Cominciò a chiedersi del perché della gentilezza di kyriel. Che li stesse davvero perdonando, anche solo un minimo? Di certo non era un illusione, nessuno sapeva del loro matrimonio... a meno che Clariel non lo avesse confessato. No, non è possibile. Non dopo che si è giocato la libertà cercando di eliminare quel folle dai poteri immensi... ho davvero detto qualcosa a favore di un uomo!? doveva ammettere, a malincuore, che aveva sviluppato un po' di rispetto per la sfortunato angelo. Lo considerava ancora un'idiota, ma il disprezzo che aveva nutrito verso di lui era scomparso. In fondo, è pur sempre un'angelo bianco, posso essere meno dura con lui. si concesse.
    Kai aveva quasi finito con la sbarra, e la implorava di non uscire. Non potrei neppure volendo, sciocco. Ti ho già detto che le rune me lo impediscono. Certo, però, non ho fatto la prova per vedere se impediscono anche l'ingresso. E se ti tirassi dentro? Sarebbe un bel casino, chissà se il "maestro" se la prenderebbe molto. L'idea era stuzzicante, ma irrealizzabile. Non poteva mettere neanche un dito fuori dalla porta, figurarsi tutto il braccio per afferrare Kai.
    La sbarra venne via. Cercò di rendersi il più presentarsi possibile. I vestiti erano in condizioni pietose, la gonna era strappata al punto che copriva le gambe solo fino a metà coscia, e la maglia lasciava scoperte gambe e ventre. Non indossava più il mantello, l'aveva piegato in un angolo, progettando di farlo a strisce e usare le bende per coprirsi quando i vestiti si sarebbero distrutti del tutto. L'unica cosa che poté fare fu passare le mani sugli abiti, cercando di levare un po' di sporco e pettinarsi alla meno peggio, poi prese il pugnale e lo uso per spingere la porta. Sorrise. Dimmi, tesoro: assomiglio più ad una prostituta, ad una mendicante, o ad una pazza rimasta troppo a lungo in una foresta? chiese, scherzando. Il sorriso le morì in gola. Dovette fare ricorso a tutta la sua volontà per non gettarsi tra le sue braccia. Se avesse provato ad attraversare la porta, sarebbe stata bloccata da una scarica di dolore e rispedita indietro, e voleva risparmiargli quello spettacolo. Si fermò sulla soglia, a metà tra il commosso e l'estasiato, Kai gli sembrò la creatura più bella che avesse mai visto. È bello rivederti. sussurrò Però dovresti ricordarti di nutrirti con regolarità, amore. Se fossi libera sceglierei personalmente le persone peggiori, in modo da far sembrare il tuo pasto come un giusto castigo e non il disgustoso omicidio che credi che sia.
    Cambiò discorso, spostandolo su binari più seri. Non cercare vendetta, ti prego, finiresti distrutto. Convincilo che potrei essergli più utile libera piuttosto che bloccata qui. Ha potuto vedere più volte quanto posso essere resistente e letale. Sai, quelle che hai sentito sono state le uniche lacrime che ho versato qui. A lui ho concesso solo urla e gemiti di dolore. Niente lacrime e niente parole. Voleva che chiedessi pietà, oppure mi chiedeva il nome del mio vero Maestro. Non gli ho mai detto nulla. Mi ha bruciato con l'acqua santa fino a mettere in luce le ossa, mi ha fatto combattere con tutto quello che c'è qui dentro fino a ridurmi ad un relitto sanguinolento. Non prima che dimezzassi con i miei pugnali il numero dei suoi servi. sospirò E questo è tutto. Niente che non potessi sopportare. Tu, invece? Sul serio, dimmi cosa ti ha fatto. Ti ha tolto altro oltre le ali? Hai subito altro, oltre i suoi deliri? Sii sincero, ti supplico. Ho detto solo la verità, descriverò uno ad uno i mostri che ho dovuto affrontare e conterò le gocce d'acqua santa che mi hanno sfigurato, se vuoi, però ti prego, dimmi prima cosa hai subito.
    Voleva prendersi a calci da sola. Stupida, stupida, stupida. pensare a lui il meno possibile non aveva attenuato il dolore, solo reso più doloroso l'incontro, facendo uscire di getto tutte le preoccupazioni che adesso tormentavano il suo cuore come una tempesta.
    Per fortuna, però, a questo si aggiungeva la felicità di rivedere di nuovo il suo Kai, pur senza poterlo toccare. Il sorriso sulle sue labbra combatteva il dolore nei suoi occhi.
     
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    «E se ti tirassi dentro? Sarebbe un bel casino, chissà se il "maestro" se la prenderebbe molto.»
    Kai trattenne il fiato, per un istante. Dopo tutti quegli anni era divenuto uno strumento molto sensibile. Oh sì, Kyriel se la sarebbe presa, ma solo perché in quel caso, per tirarlo fuori dalla cella, sarebbe dovuto intervenire lui personalmente. Kai avrebbe scommesso che i sigilli che intrappolavano Nicole avrebbero certamente intrappolato anche lui, impedendogli di rispettare l’ordine di abbandonare la cella entro poche ore. Soprassedendo sul dolore che ciò gli avrebbe procurato, non riusciva ad immaginare scenario peggiore di Kyriel che scendeva a riprenderlo e punirlo, con Nicole a portata di mano. Kai trasformò il brivido interiore sorto all’idea delle possibili conseguenze del gesto dell’amata con un sorriso dolce.
    «Moglie cara, questa sarebbe una pessima, pessima idea.» il suo sorriso si allargò, divenendo smaliziato, molto simile a quello del Kai nonmorto che era prima di ritornare in vita.
    Kai, in quanto ad aspetto, era messo molto meglio di Nicole. Nulla, apparentemente, era cambiato nella sua vita. Solo Kyriel, forse, aveva smesso di fingere. Kai aveva obblighi più stringenti e doveva sopportare la sua ira e i suoi capricci ma aveva ancora la sua stanza ed i suoi vestiti . Era Clariel, quello che passava gran parte del suo tempo in una cella. In quel momento Kai era forse davvero troppo pallido persino per un nonmorto, con i riflessi lievemente rallentati dal pasto appena fatto, ma sano e ripulito. Indossava le sue solite vesti semplici ma eleganti, come un valletto; calzoni scuri e larga maglia candida, stretta in vita da una cintura scura. Aveva persino i calzari. Ed era bello, bello come un angelo, anche se mortalmente pallido.
    Kai allungò una mano sino al limite di ciò che gli era concesso. Quando le dita iniziarono a tremare, appena sopra il cerchio di rune, si fermò. Vi era meno di un metro, tra lui e Nicole. La sua vista, anche nell’oscurità, era più di quanto avesse mai potuto sperare.
    «Ho il vago sospetto che se dovessi davvero dire ciò a cui somigli davvero poi pretenderesti la mia testa.» ghignò, cercando di farla sorridere «O magari, a tua discrezione, qualche altra… Parte di me. Temo sia saggio da parte mia tacere, mia Signora. Se permettete.»
    Nicole era commossa quanto lui. Non aveva senso piangere, quando erano felici, no? Kai cercò di ripetersi questo, mentre i loro sguardi si allacciavano e il respiro gli si bloccava in gola. La desiderava più di qualsiasi cosa, tranne forse il poterla vedere libera. Starle lontano era uno strazio indicibile. Si chiese, per un istante, se Kyriel fosse per caso geloso di lei, e per questo l’avesse voluta rinchiudere nella più oscura delle sue prigioni. Non era una teoria troppo bislacca, in effetti. L’angelo era possessivo, permaloso, paranoico, sadico e crudele. Oltre a capriccioso ed imprevedibile. O forse si comportava in quel modo solo con lui, chi lo sapeva.
    Di certo era crudele. Kai l’aveva compreso da tempo. «La prossima volta ti porterò dei vestiti nuovi» promise, mentre lo sguardo gli scivolava, pratico, sul corpo della sua amata. Ostentava una calma che non possedeva, in quel momento. Kai sapeva bene che il modo migliore per piegare ed umiliare una donna era lo stupro. E conoscendo l’odio di Nicole per il genere maschile – e sorprendendosi del fatto che, nonostante ciò, lo amasse – Kai immaginava quanto devastante una cosa del genere sarebbe stata per lei. L’idea che Kyriel, o peggio, una delle sue creature… E Nicole era praticamente nuda!
    Kai chiuse le dita a pugno, stentando a controllare la sua agitazione. Ma dalle parole successive della ragazza comprese che nulla di quello che aveva temuto era accaduto, forse. Anzi, Kyriel pareva esserci andato quasi… Leggero?
    «Non cercare vendetta, ti prego, finiresti distrutto. Convincilo che potrei essergli più utile libera piuttosto che bloccata qui. Ha potuto vedere più volte quanto posso essere resistente e letale. Sai, quelle che hai sentito sono state le uniche lacrime che ho versato qui. A lui ho concesso solo urla e gemiti di dolore. Niente lacrime e niente parole. Voleva che chiedessi pietà, oppure mi chiedeva il nome del mio vero Maestro. Non gli ho mai detto nulla. Mi ha bruciato con l'acqua santa fino a mettere in luce le ossa, mi ha fatto combattere con tutto quello che c'è qui dentro fino a ridurmi ad un relitto sanguinolento. Non prima che dimezzassi con i miei pugnali il numero dei suoi servi.»
    Kai sorrise, amaro, nel sentire la prima parte del discorso. Il posto più utile per Nicole, agli occhi del loro aguzzino, era esattamente lì dove si trovava. A portata di mano per qualsiasi rappresaglia e, soprattutto, a fare da ancora per Kai, che neanche potendo se ne sarebbe mai andato senza di lei. L’ostaggio perfetto, perché aveva catturato il suo cuore. Kyriel non l’avrebbe mai lasciata andare, a meno che lui non si fosse dimostrato così arguto e intelligente, chissà come, da costringerlo a scendere a patti. Ci doveva lavorare. In quella fase, a dire il vero, concentrava i suoi pensieri più sul come ucciderlo che sul come raggirarlo.
    I suoi pensieri furono rapidamente interrotti dalla seconda parte del discorso. L’acqua santa. Kai prima impallidì, sbiancando e stringendo i pugni. L’istante successivo si sentì ardere di furia, ed i suoi occhi lampeggiarono. A stento si trattenne dal prendere qualcosa a pugni o risalire immediatamente per gettare una secchiata di olio bollente sul volto dell’angelo, per fargli sentire almeno vagamente che cosa si provava. Senza potersi trattenere il suo volto, prima così calmo e cristallino, fu attraversato da un’espressione di odio puro. Per un istante la sua maschera si infranse e fu chiaro che, sotto di essa, si celava una furia incontenibile. Un odio che sarebbe andato avanti per millenni, se lasciato lì ad alimentarsi. Non importava il buonsenso, Nicole non poteva capire. Kyriel aveva spezzato ogni limite e lui non aveva alcun margine di contrattazione. Kyriel comandava, punto. Poteva fargli quello che gli pareva – non importava cosa facesse lui di positivo o negativo. Quando aveva voglia di giocare con lui Kyriel non gli dava tregua, e non vi era nulla che Kai potesse farci. NULLA.
    Kai si portò entrambi i pugni davanti agli occhi, chiudendoli per la furia. Respirò profondamente, tremando. Lo odiava così tanto! L’idea che avesse fatto del male a Nicole lo faceva impazzire, ma sapeva che, se si era limitato solo al combattimento estremo ed all’acqua santa, in fondo vi era andato leggero. Alla fine doveva essersi stufato. Non l’aveva violentata, non l’aveva lasciata in catene, non le aveva fatto nulla di irreparabile. Non l’aveva usata per i suoi esperimenti e non l’aveva rinchiusa in un buco nel quale sarebbe impazzita entro pochi mesi. Anche se, dodici anni in prigione… Portavano chiunque alla follia.
    «Dimmi cosa ti ha fatto. Ti ha tolto altro oltre le ali? Hai subito altro, oltre i suoi deliri? Sii sincero, ti supplico. Ho detto solo la verità.»
    Kai inspirò profondamente, imponendosi la calma. La verità, sì, Nicole la meritava. Ora che non poteva scegliere che cosa dire la libertà di parola era un obbligo, e lei era sua moglie. Non parlare liberamente era un capriccio, e la loro reciproca condizione non sarebbe migliorata tacendosi le cose. Come lei aveva detto il vero, così doveva fare lui.
    Kai sospirò. Era così difficile.
    «Sei stata molto forte» disse, piano «Sono ammirato ed orgoglioso. Non hai pianto, né implorato. Denota una grande forza da parte tua.» scosse il capo, togliendosi i pugni dagli occhi. Alzò lo sguardo. Uno sguardo scuro, appesantito.
    «Io non sono stato abbastanza forte, devo confessare.» perché la sua voce gli risuonava nelle orecchie come quella di un estraneo? Così calma, atona. Tutto l’opposto di quello che sentiva dentro. «Ho pianto. E urlato. Ed anche implorato. Prima di morire, lo ricordo, tre volte. Dopo, ho perso il conto.»
    Kai chiuse gli occhi, un istante. E poi riprese. «Credo… Che le ali me le abbia amputate da morto. Quando ero legato sull’altare, io… Ricordo che le ha inchiodate in terra. Non ho mai provato un dolore simile; neanche immagino che cosa avrei provato se me le avesse recise da cosciente. Sarei impazzito di dolore, probabilmente. Credo lo sappia. Forse me le ha tolte quando non potevo sentire per empatia? Anche le sue, se colpite, devono fare altrettanto male.» fece un sorrisetto storto. Kyriel che mostrava un minimo di sensibilità; sembrava la battuta dell’anno. «Il resto è stato schiavitù. Ribellione, da parte mia, ma non sapevo dove tu fossi e lui continuava a ripetermi che, ogni volta che l’avessi scontentato l’avrebbe fatta pagare a te. La paura, Nicole, è ciò che mi ha instillato.»
    Distolse lo sguardo. «Non manca di inventiva per trovare nuovi modi per tormentare i suoi giocattoli. Non ha problemi a farmi ritornare la mia sensibilità umana. Era l’unica cosa bella di essere morto; non sentire dolore.» fece un sorriso storto. L’ennesimo «Una volta mi ha tenuto incatenato ed appeso nelle sue stanze per quasi un mese. A malapena mi prestava attenzione, e non potevo parlare perché mi aveva imbavagliato. Ogni tanto metteva un braciere accesso sotto di me. Mi bruciava direttamente con i tizzoni, o arroventando i coltelli. Altre volte, annoiato, si limitava a tagliarmi semplicemente brandelli di carne. Altre volte mi mordeva. Oppure mi lasciava lì e basta, a soffrire per i crampi.
    «Altre volte semplicemente si prendeva gioco di me. Sai, un conto sono le torture fisiche. Stringi i denti, lo maledici, e solitamente finisce con lui che ride e ti tira giù, curandoti le ferite. Ma la cosa peggiore, Nicole, è quando gioca con te solo per umiliarti.» si passò una mano intorno al collo, come riflesso incondizionato. Il collare. No, quello non ce la faceva a raccontarglielo. Kyriel l’aveva sollevato da terra prendendolo letteralmente per il collo ed incatenandolo al muro. E poi, quello che aveva fatto dopo… Kai rabbrividì visibilmente.
    «Le umiliazioni, Nicole, sono quelle che, insieme con la paura, ti paralizzano. Basta… la sua voce, a volte, per toglierti il fiato. Non riesci a muoverti. E quando ti sfiora tremi. La parte peggiore è quella. Quando lui arriva, e tu lo odi più di quanto possa mai esprimere, e lui ti sfiora e tu sai che non puoi fare niente. L’attesa, senza sapere cosa farà questa volta, è straziante. Non potevo pronunciare il tuo nome senza che mi frustasse.» la voce gli si spezzò «Ad un certo punto» riprese, sussurrando «ho iniziato a ringhiargli il tuo nome contro, quando mi torturava. Lo faceva infuriare. Ma non poteva dirmi di non pronunciarlo, non poteva ordinarmelo, altrimenti avrebbe perso, capisci? C’è… Questa cosa. Può ordinarmi ciò che vuole quando vuole, e io non posso impedirmi di obbedire, ma non è quello che vuole. A lui piace quando non riesco a muovermi perché so che, se lo farò, allora lui mi punirà. Quando rimango immobile per sapendo che tanto lui mi colpirà lo stesso, quando mi spinge al limite che, oltre alle urla, rimangono solo le lacrime. Non mi costringe a nutrirmi. Lascia che arrivi all’esasperazione. E mi fa sempre, sempre aggredire bambini o giovani innocenti. Mi racconta chi sono, le loro vite. E se non mi nutro allora mi rinchiude fino a quando non riesco a capire più nulla se non il desiderio di cibarmi. E quando… Quando capisco cosa ho fatto, lui è lì, che sorride.»
    Kai chiuse gli occhi. «Lo odio più di qualsiasi altra cosa. E lui lo sa. Lo diverte. È proprio questo il difficile, sai? Lui fa del male per il piacere di far del male, terrorizza per ottenere ubbidienza e qualsiasi cosa io faccia lo diverte. Sia che io opponga resistenza sia che implori, lui non smette. Può andare avanti per ore, fino a far impazzire. Lo odio. Lo odio a morte.»
     
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    La battuta sul trascinarlo all'interno della cella aveva sortito poco effetto. Lo so, è inutile stuzzicarlo in quel modo, otterremo solo altre punizioni. anche se avrebbe dato via un braccio per stringerlo un poco Kai, sentire di nuovo i loro corpi vicini. Guardarlo era una consolazione e un tormento insieme. Avrebbe potuto allungare un braccio e toccarlo, ma le rune di protezione glielo avrebbero impedito, bloccandola con le loro scariche di dolore. Dovevano in qualche modo convincere Kyriel a liberarla, se proprio doveva essere una schiava, voleva Kai accanto.
    La battuta sui vestiti, per fortuna, riuscì a sdrammatizzare per un po' la situazione. Lei roteò gli occhi. Uomini. Sono sicura che preferiresti che ti tagliassi la testa piuttosto che... l'altra parte del corpo. Ma fa niente, in fondo non chiedi altro che i tuoi privilegi di marito, cosa che purtroppo non posso concederti per cause indipendenti dalla mia volontà. Vuol dire che conserverò questi stracci, visto che ti piacciono tanto. Però porta anche vestiti nuovi come hai promesso, il mio guardaroba è sempre stato abbastanza monotono, ma così si esagera. Piuttosto, come te li procurerai? Puoi ancora dare ordini agli spettri o la nostra camera è ancora intatta con tutto quello che c'era dentro? Sarebbe stato splendido tornare a dormire insieme nella loro camera. Il periodo che avevano passato lì era stato davvero felice, rimpiangeva quei momenti. Certo, fin da allora erano servi, ma il guinzaglio era decisamente più lungo e non subivano punizioni di nessun tipo. Però in quella stanza tenevo anche i quaderni dove annotavo quello che Kyriel mi insegnava, insieme ad appunti su come ucciderlo e ritratti non troppo lusinghieri di lui. Forse la prospettiva che la nostra stanza ci sia ancora non è tanto bella, se quel pazzo mette le mani su quei fogli sarò in guai ancora più grossi di questi... e Kai con me.
    Il racconto di cosa aveva subito il ragazzo rischiò di farle perdere il controllo. Se la rabbia di lui, nel sentire delle torture con l'acqua santa, era stata bruciante e feroce, nell'espressione di lei apparve una gelida furia omicida. Verrà il momento in cui sarai inerme davanti a me e allora piangerai sangue, Kyriel. promise E se l'hai toccato dove solo io posso, stai sicuro che non sarò così buona da ucciderti, ti farò passare l'eternità nel dolore!
    Sorrise, amara. Anch'io lo odio, fin dalla prima volta che l'ho visto, ma al momento quello è un sentimento inutile. Devi tornare ad essere il suo allievo, mostrati pentito, fagli capire che possiamo essergli infinitamente più utili come eravamo prima, piuttosto che adesso. Ti ha lanciato una maledizione e non puoi disubbidirgli, a che pro continuare a torturarci? Mettiamo da parte l'odio, al momento, ci servirà dopo. Adulalo, convincilo a farci tornare ad essere servi, non schiavi. Inutile minacciarlo, quello gode per il dolore. Quando ho tentato di liberarti l'ho bruciato con l'acqua santa, e a riso mentre gli perforavo le interiora. So che ti chiedo molto, anch'io mi detesto per quello che sto proponendo, ma è sempre meglio di QUESTO. Pagherà per tutto, oh, se la pagherà, ma al momento la dipendiamo da lui. Noi, e chissà quanti altri. Se vorrà altri allievi, dovremo salvarli dalla sua influenza.
    Stava chiedendo una cosa terribile, ma non c'era altro da fare, non voleva passare l'eternità in quella cella. La visita di Kai era stato un toccasana, ma dopo quasi due anni di solitudine, avrebbe accolto bene anche una visita dell'angelo. La solitudine la logorava. Quando ho cercato di liberarti, gli avevo fatto una proposta. Noi due di nuovo al suo servizio,senza altre punizioni. E la possibilità di usarmi per un singolo esperimento. Rifagli questa proposta, fagli capire che voglio servirlo. Impazzirò a stare qui, con te che là sopra subisci chissà quali abusi.
    Lo fissò negli occhi, cercando di mostrarsi forte, di essere la Nicole che voleva lui, fiera e decisa. Già una volta era riuscita a venire a compromessi con l'angelo, poteva, DOVEVA, riuscirci nuovamente.
     
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  9. S h a u l
     
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    Kai rise alle parole dell'amata. Oh, accidenti, se voleva metterla così... Nicole era molto spesso addirittura più diretta di lui. Il che era tutto dire, in effetti.
    «Te l'ho detto, ho molte più libertà di te. Mi insegna ancora e mi lascia andare dove mi pare, se ne ho voglia. Devo tornare nella Torre una volta ogni tre giorni, a meno che non abbia bisogno di me per qualche cosa, ma le cose non sembrano cambiate. Non posso rispondergli a tono e di certo non lo vado più a cercare, e so che quando lo incontro è meglio sparire prima che mi veda. Ma a parte questo rimango ancora uno schiavo di alto livello. Gli spiriti non sono neanche considerati umani; Kyriel un po' si preoccupa, non credo voglia che impazzisca del tutto. Per i vestiti basta che chieda o, nel nostro caso, semplicemente li andrò a prendere in città personalmente. Credo non sarebbe contento di sapere che te li porto - la prossima volta che gli strapperò il permesso te li porterò di nascosto. Se dovesse chiederti, rispondigli quello che ti pare, tanto lo capirebbe lo stesso. Dopotutto, tutto ciò che non gli viene in mente di vietarmi è potenzialmente lecito.» Sorrise, mostrando i canini. Piccoli e di dimensione umana, erano stranamente aguzzi. Kai somigliava allo spirito affamato di un morto.
    Erano entrambi seduti, così vicini eppure così lontani. Vide la furia di Nicole, quando finì di raccontare, e comprese davvero che, nonostante tutto, lei era quella giusta per lui. Erano cresciuti insieme, erano cambiati entrambi, ed ora li accomunavano l'odio e l'eternità. Quello stesso odio che Kai rigettava, all'inizio. Eppure, nonostante il ragazzo fosse stato costretto a confrontarsi con la parte peggiore della propria ombra, non gli mancava la tenacia. Certo; piangeva ed implorava, ma in cuor suo aveva ancora la propria dignità. Aveva compreso, suo malgrado, come vi fossero persone che semplicemente non meritavano alcun perdono. Al mondo esistevano crudeltà inimmaginabili, e lui ne aveva assaggiato solo un pezzo. Per certe cose, e solo alcune, l'unica vera risposta possibile era quella di Nicole; il sangue.
    Dio, com'era cambiato. Kyriel l'aveva plasmato come voleva, alla fine. Nessuno può resistere all'infinito. L'acqua, così come le idee, trova sempre una via per entrare. Ed una volta dentro, scava e forma. Bastava meno di un anno per cambiare una persona; cos'erano dodici, se non quasi una vita intera? Kai aveva passato quasi più tempo da morto che da vivo, ormai.
    Eppure, nonostante quel sentimento d'odio, Nicole si stava comportando in maniera più saggia. A Kai venne in mente una delle favole che gli raccontava sua nonna. Dove era nato lui, a nord, non vi erano tutte quelle distinzioni tra i sessi come quelli che aveva trovato in Europa. Se nel continente la donna era veicolo di peccato nel regno di Svezia le donne erano regine. Sua nonna era una Volva ed era stata rispettata e gli aveva insegnato la potenza del sesso femminile. A lui era stato vietato l'apprendimento della magia - nonostante la sua predisposizione - semplicemente perché era maschio. Per questo non solo i suoi poteri erano così istintivi, ma neanche aveva imparato a dialogare con gli spiriti come sia sua madre sia sua nonna facevano. Ricordò la favola del contadino e del gigante. Il contadino aveva acquistato un campo a poco prezzo, scoprendo che era abitato da un gigante che pretendeva ogni sei mesi metà del raccolto. L'uomo, ascoltando i consigli della moglie, riuscì a imbrogliare il gigante così tante volte da portarlo alla resa ed all'esasperazione, giungendo al lieto fine.
    Anche Kai, come il contadino, comprendeva molto bene la saggezza delle parole della sua amata.
    «Hai ragione. Quando mai non hai ragione? Ma ti sta usando come arma, Nicole. Non ha bisogno di te. L'unico motivo per cui ti tiene in vita - temo - sia l'impossibilità di ucciderti. Finché sei qui io soffro. Forse c'è un modo per convincerlo, sì, ma non credo sia con l'adulazione. Se volesse essere amato si toglierebbe quella cappa e si farebbe venerare come angelo, non credi? Temo non sia così semplice» disse, con una smorfia. Si passò una mano tra i capelli, nervoso. «In più, c'è qualcos'altro che devi sapere. Abbiamo trovato l'attuale incarnazione di Algebal.»
    Era stato Yakan a trovarla, chiaramente. Kyriel aveva aspettato anni, e poi aveva tentato con incantesimi di localizzazione. Nulla. Ogni volta che tentava, l'incantesimo indicava Kai, ingannato dalla sua aura. Chiunque fosse l'attuale portatore di Algebal ignorava i suoi poteri, nonostante Kyriel avesse rotto il sigillo che impediva ad Algebal di manifestarli. Allora Kyriel aveva riprovato, spostandosi in diversi luoghi del continente fino a quando, al passaggio con le Alpi, l'incantesimo non aveva indicato una direzione. Sud. L'incarnazione di Algebal si trovava nel sud d'Italia.
    «E' una ragazza. Si chiama Francesca Maria D'Angiò. E' imparentata col re di Francia. Sua sorella è l'attuale regina di Napoli. E' giovane, sorella di una regina, e sembra non aver paura di niente.» fece un sorrisetto sardonico. Non aveva ancora visto le ultime creature di Kyriel, era evidente. «Inutile dire che il nostro angelo ci stia perdendo la testa, vero?» Kai sospirò. «La ucciderà, chiaramente. E mi vuole con lui. Clariel no, resterà qui. Non so cosa abbia in mente. Non vorrà ripetere la nostra storia un'altra volta, no? In più, un esercito si sta muovendo dall'Ungheria contro Napoli. A quanto pare la sorella del nostro Algebal ha fatto assassinare il suo primo marito, fratello del re ungherese. Scommetto che Algebal non si manifesta solo per non dover commentare l'attuale livello di idiozia della sua famiglia.» Kai cercava di far sorridere Nicole. Doveva ammettere di trovare la situazione divertente. Più che altro trovava divertente Kyriel, che borbottava osservando l'evolversi della situazione parole poco lusinghiere per l'umanità. Algebal doveva stargli particolarmente a cuore, era chiaro, ma vederlo accigliarsi e dire cose che avrebbe potuto dire Nicole era abbastanza esilarante.
    «Devo vedere cosa posso fare. Algebal è donna e, se andasse tutto come Kyriel desidera, si troverebbe sola, lei abituata ad essere regina, in un luogo di folli. Tutti MASCHI.» Kai fece un mezzo sorriso «Ti ricorda qualcosa? Non scommetto nulla, ma secondo me potremmo avere un minimo margine di contrattazione. Ma tu devi fare buon viso a cattivo gioco quanto me.»

    Edited by S h a u l - 9/9/2014, 22:59
     
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    Oh, fantastico, più libertà ma più torture, quasi quasi la prossima volta che scende qui cerco di stipulare un accordo di questo tipo con Kyriel. scherzò E per di più continua ad insegnarti, probabilmente a quest'ora potresti battermi con una mano sola, qui non imparo niente ed è da un pezzo che non mi fa combattere contro qualcosa, sarò terribilmente fuori forma. Ora che ci penso... non puoi buttarmi qua dentro uno sfregiato o due? Per quelli non dovrebbe prendermela, gliene avrò uccisi a dozzine in questi anni, alcuni li ho ridotti così male che probabilmente non è stato neanche in grado di riciclarne i resti.
    Stava iniziando a fremere. Voleva sentire qualcosa morire fra le sue mani. Possibilmente qualcosa con le ali. Il suo lato oscuro riaffiorò, e lei lo salutò con calore. Almeno, aveva quel lato della personalità a farle compagnia. Doveva però nasconderlo. Se Kyriel avesse scoperto la sua passione per l'omicidio l'avrebbe lasciata lì in isolamento per il resto dell'eternità. Posso rigenerare qualunque parte del mio corpo, ma non sono sicura che valga lo stesso con la mia mente, non voglio rischiare di impazzire. si appuntò mentalmente di non mostrare troppo piacere nell'uccidere gli orrori che abitavano le segrete.
    Comunque, quel pazzo deve capire che è inutile tenermi qui solo per farti soffrire, è come bastonare un cane già obbediente. Senza offesa, non sono brava con le metafore.
    La notizia della nuova incarnazione di Algebal la stupì. Un nuovo non-morto ad arricchire le loro fila, e stavolta una ragazza. Finalmente qualcuno con un po' di cervello! Oh, povera ragazza, sola senza nessuno come lei a renderle meno triste l'eternità. Io sono una misantropa ed ero abituata ad avere solo te e Kyriel per compagnia, ma lei? Impazzirà senza un'amica. E tu vuoi che me ne stia buona quaggiù? Va bene, però cerca di convincere il nostro sommo "maestro" in fretta, almeno per il bene della nostra futura "sorella". Già ora è in una brutta situazione, immischiata in una guerra per via di un omicidio che suppongo sia ampiamente giustificabile, per quanto evidentemente mal organizzato. Si troverà uccisa e riportata in vita in questa gabbia di matti, senza nessuno a darle conforto. Se Kyriel non mi tira fuori per aiutarla vuol dire che è davvero stupido come penso. annuì Va bene, vai avanti col tuo piano, io intanto farò la brava prigioniera. Però non è giusto. Non era il ragazzo quello che stava a poltrire in cella mentre la ragazza architettava il piano per liberare entrambi? chiese, riferendosi alla fiaba di Hansel e Gretel. Chissà se Kai la conosce. A dire il vero, so davvero poco di lui, della sua vita prima che ci incontrassimo. pensò con rammarico. Pazienza. Se tutto fosse andato bene avrebbero avuto modo e tempo di raccontarsi tutto, dopo.
     
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    «Aspetta, fammi aggiungere "infilare nella cella senza uscita della mia amata qualcosa di potenzialmente letale e in grado di cibarsi del suo intestino" alla mia lista di cose da fare, ti prego. La nostra routine è così prevedibile, dopotutto; meglio aggiungere del sano letale movimento. Che uscita romantica sarebbe la nostra senza un paio di passanti sbudellati a caso?» Kai sorrise, ironico. Ci aveva messo un po' anche lui, ma forse aveva guadagnato un po' di senso dell'umorismo. Un passettino alla volta, forse, evitando drammi fuori luogo, ce la poteva fare. Kai non amava il lato oscuro di Nicole - come poteva? - ma di certo aveva imparato a non giudicare. Da che pulpito, dopotutto, si sarebbe azzardato a fare anche solo un commento a riguardo? Non approvava il sangue, da libero e con la possibilità di scegliere cosa fare della sua vita non avrebbe mai tollerato un omicidio senza scopo di fianco a lui ma in quel momento, ed in quel luogo, la questione era senza peso. Non ci si lancia in sofismi morali quando si è schiavi. Kai aveva senza dubbio guadagnato buonsenso, ma non intendeva perdere le sue convinzioni, per quanto potesse faticare a mantenerle in quell'ambiente.
    «Comunque, quel pazzo deve capire che è inutile tenermi qui solo per farti soffrire, è come bastonare un cane già obbediente. Senza offesa, non sono brava con le metafore.»
    «Oh, figurati» scherzò Kai «Adoro le metafore mal riuscite. Non hai idea delle cose che mi vengono in mente, a volte. Misantropa, addirittura?» fece un sorriso furbo «E' questo il motivo per cui la prima volta che ci siamo incontrati hai provato a farmi la pelle? Sto scherzando.» Mise le mani davanti a sé, come a difendersi dalle sue parole successive. Colse la citazione su Hansel e Gretel.
    «E' vero, hai ragione tu, ma la nostra favola non è forse finita proprio in quel modo? La prima parte, perlomeno.» Reclinò il capo di lato «Me l'hai insegnato tu, Nicole. Non si può sempre salvare chi desidera. Si può fallire. Tu mi hai salvato già una volta. Adesso è il mio turno.»
    Scosse il capo. Le aveva detto di fuggire, quando erano ancora liberi. Kai sapeva esattamente cosa poteva fare Kyriel e che uso di lei avrebbe fatto, ma la ragazza non aveva voluto ascoltarlo. Era inutile rivangare storie del passato.
    Cambiò discorso.
    «A dir la verità sono più preoccupato per Kyriel. A malapena sa come gestire un rapporto tra esseri umani - e maschi. Una ragazza è complicata, può risultare per qualcuno vagamente autistico come Kyriel come un universo a parte. Già immagino le possibili incomprensioni. Magari è ben indottrinata, chi lo sa, ma ho il vago sospetto che una figlia di regnanti di certo non sia la persona più umile ed abituata ad obbedire dell'universo. Cosa che, come ben sappiamo, potrebbe scontrarsi con le particolari idee assolutiste di Kyriel.» Kai alzò le spalle, indifferente. Era incuriosito, intrigato, ma non favorevole all'idea di un secondo Algebal. Come se lui avesse voce in capitolo - e lo sapeva bene.
    «A detta di Kyriel, Algebal morirebbe comunque. E' parte della sua maledizione. Morire giovane, molto giovane e nella tragedia. Direi che almeno nel mio caso si sono rispettati tutti gli standard, ma cosa accadrebbe se intervenissimo ed evitassimo alla ragazza di morire, invece che agevolarne la dipartita?» Era inutile sottolineare come Kai ritenesse quest'ultima la soluzione migliore.
    Kai scosse il capo. Era inutile, non aveva voce in capitolo e, qualsiasi cosa Kyriel avesse mai deciso, volente o nolente (cosa più probabile) Kai avrebbe obbedito. Rimaneva solo da vedere quale fosse la strategia a lungo termine dell'angelo.

    Il ragazzo all'improvviso si alzò in piedi. Ebbe un'idea geniale, una di quelle che gli illuminavano la giornata o che, come in quel caso, vi gettavano un'ombra potenzialmente letale. Perché, improvvisamente, gli era venuto in mente un modo per entrare nella cella disobbedendo agli ordini diretti dell'angelo. Kyriel gli aveva ordinato di non entrare, a meno che... Non vi desiderasse entrare incatenato. O era una svista dell'angelo o un'esca per cacciarlo in una trappola senza uscita - cosa che Kyriel avrebbe senza dubbio trovato molto divertente - ma adesso che la possibilità c'era... Kai non poteva ignorarla.
    Il suo volto fu attraversato, per pochi secondi, da una tremenda indecisione, generata da due impulsi contrastanti. La paura, e un lacerante desiderio.
    Adesso sapeva come entrare ma non come uscire. Sapeva che, in linea teorica, non avrebbe dovuto farlo, ma l'ordine impartitogli lasciava aperta una scappatoia. Una scappatoia abnorme, il che gli faceva sorgere il dubbio che, almeno in quel caso, fosse stata posta a quel modo apposta per tentarlo. E che dunque fosse una trappola con tanto di zucchero caramellato dentro la tana dell'orco ma - dio mio - come poteva non entrare nella tana del lupo pur sapendo di poter finire sbranato?
    Erano passati dodici fottutissimi anni. Kai decise che, per poche ore davvero insieme, sarebbe stato in grado di accettare qualsiasi tortura.
    Ma su Nicole?
    Kai capì che, come marito e moglie, forse era il caso di dirsi le cose e programmare le proprie scelte insieme. Non era quello che programmavano le famiglie vere? Anche Nicole poteva scegliere se correre il rischio o meno. Kai si decise a parlare.
    «Ok.» fece un respiro profondo «Sono terrorizzato. Scusa se te lo dico, ma sto per fare qualcosa che mi metterà mortalmente nei guai, ma non ne è mai valsa la pena come oggi. Io posso sopportare qualsiasi cosa per te, Nicole. Ho paura, ma diciamo che vi sono abituato.» fece un sorriso teso, per poi tornare serio.
    «Dimmi, se ti dicessi che ho trovato un modo per aggirare l'ordine di Kyriel di non entrare nella tua cella e di essere in grado di farlo senza la certezza di poter però uscire, mi accetteresti sapendo che nel caso in cui rimanessi intrappolato con te poi Kyriel verrebbe a recuperarmi, con tutte le dolorose conseguenze che ne probabilmente conseguirebbero?» praticamente le stava offrendo un meraviglioso calice di pregiatissimo vino avvelenato. «Mi ha detto di dirti che non si è dimenticato di te. Significa che, se non riuscissi ad uscire, potrebbe prendersela anche con te. Anzi, lo farebbe sicuramente. E pur sapendo ciò, Nicole, sono dodici maledetti anni che non ti tocco. Potrei sopportare qualsiasi tortura pur di risentire il tuo abbraccio.» fece un sorriso storto «Così è come sopravvivo. Sarà poco, ma queste sfide mi fanno mantenere la sanità mentale. Posso trovare delle falle linguistiche ai suoi ordini, ma temo che se entrassi entrambi potremmo pagare un prezzo troppo alto. Un prezzo che non ti chiedo di pagare con me e che posso sopportare. Ma non entrerò con te a meno che tu non lo voglia, perché il rischio è la sofferenza kyrieliana. Vuoi correre questo rischio con me?»
    Potevano pagarla salata, quella bravata. Ma ora che aveva trovato un modo per riavere Nicole, anche se solo per poche ore, Kai non riusciva a pensare di negarselo. A puttane tutti i loro progetti di essere buoni servitori. Se Kyriel li avesse mai trovati insieme si sarebbe divertito mortalmente. Loro no. Ma era un rischio che Kai era disposto a correre. Ma non senza Nicole, perché quella volta la responsabilità se la prendevano insieme o niente.
     
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    Che uscita romantica sarebbe la nostra senza un paio di passanti sbudellati a caso? sapeva che Kai voleva solo scherzare, con quella frase, ma non riuscì a ridere. Le tornò in mente il giorno della loro uscita in città, quando lui, in preda alla fame, aveva divorato alcune persone. Era partito tutto da lì. Lui non voleva dirle cosa gli stava succedendo, erano venuti alle mani e il tutto si era concluso con lei morta, incapace di aiutarlo quando Clariel aveva fatto irruzione nella cattedrale ed era avvenuto quel terribile scontro. Più che la rabbia di essere stata uccisa a tradimento, era dispiaciuta di non aver potuto partecipare a tutto quello che era successo nelle ore successive. Le cose sarebbero andate molto diversamente, si sarebbero risparmiati la schiavitù e le torture. Già, meglio evitare. disse, sforzandosi di sorridere. E comunque, no, la prima volta non ho cercato di ucciderti perché sono misantropa, ma perché eri un idiota. Certo, lo sei ancora, ma almeno adesso sei il mio idiota. aggiunse, con tenerezza. Forse non era granché come dichiarazione di affetto, ma lei era fatta così. Era già tanto che si fosse innamorata di un'uomo, prima di conoscerlo stava iniziando a temere di avere qualcosa di sbagliato.
    Tornò al discorso "nuova non-morta. Dicendo così mi fai preoccupare ancora di più per la poveretta, Kyriel è troppo abituato ad avere servi accondiscendenti, persino io non gli disobbedivo. Certo, per ben altri motivi, ma non tergiversiamo. Se non lo tieni buono, più che un modo di farmi uscire, abbiamo trovato una compagna di cella. Sempre che ci faccia il favore di rinchiuderci assieme. No, non lo farebbe mai. Ma Algebal non può scegliersi corpi più normali in cui incarnarsi? scosse la testa Inutile fasciarci la testa prima del tempo, vediamo prima che tipo è la principessina.

    La proposta di Kai la sorprese, soprattutto visto che aveva declinato la sua proposta di venire trascinato dentro. Anche se, la prospettiva di averlo di nuovo accanto rendeva senza importanza il rifiuto di prima. Diamine, rendeva senza importanza qualsiasi cosa. Nonostante avesse l'acquolina in bocca, cercò di darsi contegno. Ma certo che voglio correre questo rischio, guardarti senza poterti accarezzare è una tortura, e anche se la punizione sarà terribile, ne varrà comunque la pena. come hai detto, Kyriel non si è dimenticato di me, quindi mi aspetta comunque qualche altro scontro o una lavata con l'acqua santa, qualche punizione in più non farà differenza. Il mio Maestro mi diceva che un'immortale come me non doveva avere paura del dolore, che poteva solo essermi da insegnamento per non ripetere certi errori. Kyriel, a modo suo, è bravo a rianimare quelli come noi, ma ucciderli... non ne è proprio capace, l'avrebbe già fatto. Sarebbe stata la punizione definitiva, per te. Vedermi morta, senza possibilità di aiutarmi. Le sue torture non mi preoccupano, è solo un modo per alleviare la sua frustrazione. Non mi chiederebbe del mio Maestro, se fosse altrimenti. Sono un'enigma che non potrà mai risolvere. Quindi entra pure, tesoro. Mi prenderò la responsabilità per tutti e due, tanto non potrà mai farmi davvero male. Non quanto me ne fa la tua lontananza.
     
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    Nicole aveva ragione. Kyriel non si era dimenticato di lei. Ciò che Kai poteva aggiungere personalmente a quella considerazione, poi, era semplice. Se la vita, la loro vita, era terrore, qualsiasi strada avrebbero deciso di intraprendere avrebbe portato a sofferenza. Ed allora, in quel caso, tanto valeva scegliere la migliore, la più piacevole o egoista. Mai smettere di vivere per paura della morte.
    La teoria di Nicole sulla frustrazione di Kyriel era affascinante. Ma l'angelo procurava dolore solo per il proprio piacere, il più delle volte. Kai aveva visto il sorriso che gli si apriva sul volto e la distensione delle sue membra nel momento del dolore, ed aveva compreso come per l'angelo comportarsi in quel modo fosse una droga, una dose di sofferenza per alimentare la sua follia. Era da tanto tempo che Kai si domandava dell'origine di quel comportamento. Perché Kyriel era folle, se alimentava se stesso con tanta foga? Com'era cominciato?
    Kai si passò una mano sul viso.
    «Lo so che sono un idiota, amore mio, ma ti ricordo che faccio del mio meglio. Ti assicuro che ci vuole un grande impegno, a mantenere la sanità mentale con Kyriel, figuriamoci a mantenere dei principi.»
    Sorrise, dolcemente. Kai era tolleranza, ed era ancora un buono con la tenacia di un cattivo. Un mix accattivante.
    «Torno subito. Devo vedere se il mio stratagemma può funzionare della pratica.»
    Si allontanò dalla porta della cella, lasciandola aperta. Ritornò nel corridoio e rifece al contrario il percorso precedente. Entrò nella cella adiacente a quella di Nicole, e trovò subito quel che cercava. Appese al soffitto diverse catene pendevano verso il basso, alcune nuove ed altre palesemente vecchie ed arrugginite. Ai muri altre simili erano fissate con anelli della pietra, mentre in terra, in un angolo, Kai trovò una catena semplice e non troppo pesante, munita di manette alle estremità. Era quello che gli serviva.
    La sollevò con attenzione. Era nuova, addirittura pulita, e non ricoperta di polvere. Il dubbio che Kyriel l'avesse fatta lasciare lì divenne quasi certezza, e seppe di stare cacciandosi in una sanguinosa trappola. Rimase un istante a riflettere. Le manette erano aperte e si sarebbero chiuse con un sistema ad incastro che però, senza un perno apposito, non gli avrebbero permesso di aprirle. Calzante metafora di quello che stava per fare; una volta entrato da Nicole avrebbe scommesso la testa che sarebbe a sua volta rimasto intrappolato all'interno. Kai alzò le spalle, raccogliendo i ferri e tornando da Nicole.
    Sulla soglia, si infilò la manetta intorno al polso sinistro, richiudendola con un "clank" sonoro. «Kyriel ha detto che non posso entrare nella tua cella, a meno che "non desideri entrarvi incatenato". Ora, dato che dimostrare ad un ordine magico di quel livello che io desideri effettivamente entrarvi in catene senza legarmi fisicamente è piuttosto difficile, questa è l'unica soluzione che mi viene in mente.» Si infilò la seconda manetta «Se sono fisicamente incatenato e desidero entrare, in linea teorica, non sto disubbidendo. Vediamo se funziona.»
    Una volta chiusa, la catena stringeva. Ma non aveva molta importanza. Kai ne testò la forza; poteva allargare le braccia di cinquanta centimetri e muovere le mani senza problemi, ma era comunque legato. Non credeva che sarebbe mai arrivato il giorno in cui si sarebbe volontariamente incatenato i polsi, ma questo era il bello della sua non-vita. Non smetteva mai di stupirsi.
    Si sporse verso l'ingresso, sorridendo. Che importanza aveva, anche se poi Kyriel gli avrebbe scuoiato la schiena a suon di frustate? Kai fece un passo in avanti, temendo che le rune avrebbero potuto reagire in qualche modo, ma non accadde niente. Si tirò dietro la porta; per quello che aveva in mente sarebbe stato meglio non avere porte aperte. Superò il limite senza problemi ed esultò intimamente; la sua intuizione era stata giusta.
    Sorrise, all'interno del perimetro delle rune. Con un sospiro, incatenò il suo sguardo a quello di Nicole.
    «Oh, amore mio» sussurrò, in un soffio. E poi la raggiunse, sollevando le mani incatenate, sfiorandole il viso e rabbrividendo. Con delicatezza, le avvolse il volto tra le mani e la trasse a sé, baciandola con fame e passione.
     
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    Mentre Kai organizzava il suo ingresso nella cella, Celestina sistemò il suo aspetto come meglio poté. Sapeva che a lui non sarebbe importato molto, ma lei ci teneva a presentarsi al meglio, dopo un distacco tanto lungo. Erano davvero passati dodici anni? Troppi, decisamente troppi. Sperò che il piano per farla uscire da lì funzionasse, era stanca di marcire in quei sotterranei. Sarà bello avere un'altra ragazza con noi, per quanto apprezzi Kai, avere solo lui e Kyriel come compagnia è poco stimolante. Certo, probabilmente la principessina sarà innamorata dell'angelo come lo era Kai, ma potrei allontanarla dalla sua influenza. Ma a quello ci avrebbe pensato dopo, adesso doveva pensare solo al suo adorato. Prese il mantello dall'angolo in cui l'aveva riposto e lo stese a terra, per avere qualcosa di vagamente comodo su cui stendersi, poi andò alla pozza d'acqua e si sciacquò un minimo, sperando davvero che il ragazzo passasse sopra la sua igiene. Rinchiusa lì dentro non aveva davvero modo di curarla. Oh, ma chi se ne importa, l'importante è averlo qui accanto, finalmente. si disse, raggiante.
    Si mise di fronte alla porta, in trepidante attesa. La vista di lui, incatenato come meglio poteva, le strappò una risata. Non pensavo avessi questi gusti, Kai, ti facevo un tipo amante dei riti tradizionali, senza accessori per rendere le cose più particolari. scherzò, indietreggiando di qualche passo per permettergli di entrare.
    Lui attraversò l'ingresso, con lei che guardava, sperando con tutto il cuore che il trucco funzionasse. Le rune non si attivarono, fu come passare da una normalissima porta.
    Kai si gettò addosso a lei, e lei lo accolse a braccia aperte, desiderosa quanto lui di contatto fisico. Si baciarono con foga, uno tra le braccia dell'altra.
    Pochi minuti dopo Celestina si staccò, combattendo contro il desiderio che la stava bruciando, e sfilò un pugnale, iniziando ad armeggiare con le manette che chiudevano i polsi del suo amato. I giochini con le catene li faremo la prossima volta, va bene? Adesso voglio far finta di non essere qua dentro.
    Le catene caddero al suolo in pochi minuti. I vestiti di lei seguirono un'attimo dopo.

    ***



    Celestina sospirò, appagata come una bimba che aveva appena fatto un'abbuffata di caramelle. Qualunque cosa ci succederà adesso, ne sarà valsa assolutamente la pena. disse, riempiendo di baci il petto di Kai, disteso sotto di lei E dire che, quando eravamo servi e non prigionieri, temevo che tu non... funzionassi a dovere in certi punti. Sono contenta di aver avuto torto, su questo.
    L'ho detto davvero? L'eccessiva vicinanza a Kai la rendeva ubriaca di felicità e incapace di dire cose sensate, ormai ci aveva fatto il callo. Gli prese il viso tra le mani, baciandolo con passione, senza però la voracità dei primi momenti. Vista la frenesia iniziale, era stato un miracolo se Kai avesse attese quel tanto che bastava per liberarlo dalle catene, anche se quello che era avvenuto dopo aveva ripagato l'attesa. Sai, penso che tu sia riuscito a farmi dimenticare dove sono. A pensarci bene, credo di essermi scordata anche il mio nome. Aveva a che fare con un colore, giusto? chiese, ridendo tra sé e continuando a baciarlo. Adorava sentirsi felice al punto da esserne stordita, totalmente inconsapevole del mondo esterno. Una vocina le diceva che era pericoloso abbassare la guardia a tal punto, ma era solo un'eco lontanissima.
     
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  15. S h a u l
     
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    Kai doveva ammettere due cose, ed erano due cose molto semplici. La prima era che aveva temuto seriamente di poter sì passare il limite della porta impostogli dagli ordini di Kyriel, ma non quello delle rune. Aveva temuto di rimanere vagamente folgorato; aveva riconosciuto alcuni incanti davvero poco piacevoli, che agivano direttamente sul sistema nervoso o sulla percezione mentale della vittima. Tutte cose che, per farla breve, avrebbero fatto un male cane anche a lui.
    La seconda cosa che doveva ammettere era che la sua testa, dal momento in cui si era reso conto di essere riuscito nell'intento di entrare nella cella di Nicole, aveva smesso di funzionare a pieno regime. Poco cavalleresco, da parte sua, ma dopo aver ucciso la sua amata anche se per una volta, dopo dodici anni, si saltavano reciprocamente addosso senza previa serenata non sarebbe stato un dramma. Aveva temuto un rimbalzo mentale, quando Nicole l'aveva liberato dai ceppi. Doveva essere incatenato, per poter rimanere lì dentro... Quando l'aveva slegato si era irrigidito, fremendo, ma fortunatamente nulla era accaduto. Il limite era solo nella sua testa. La sua presenza era apparentemente giustificata... Inutile dire che ne approfittarono.

    * * *


    Kai socchiuse gli occhi, tendendo le orecchie. Si sentiva avvolto da una nube confusa di ovatta e temeva di assopirsi. Le palpebre gli si stavano lentamente abbassando; il sangue nero nelle sue vene, fino a pochi minuti così follemente attivo, andava a riequilibrare la propria pressione e viscosità. Nei momenti di eccitazione era più liquido, simile a vera oscurità impalpabile. Accadeva quando combatteva, si nutriva o, evidentemente, amava. Quella stessa sensazione di sonnolenza che gli avvolgeva le membra subito dopo un pasto pareva avvolgerlo anche in quel momento, mentre le sue energie, lentamente, si riequilibravano.
    «Qualunque cosa ci succederà adesso, ne sarà valsa assolutamente la pena.» mormorò Nicole, appoggiata al suo petto nudo solcato da cicatrici profonde e in rilievo. Kyriel aveva fatto un pessimo lavoro nell'ucciderlo, la prima volta. Algebal doveva averlo fatto infuriare... Niente a che vedere con il lavoro di fino che aveva fatto la seconda volta. Neanche un taglio.
    Erano entrambi nudi, pallidi e slanciati nell'oscurità. Non era un problema per Kai; il loro livello di conoscenza reciproca aveva superato la soglia biblica, che altro importava? Il ragazzo si lasciò andare ad un lento sorriso pigro e rilassato. Nicole lo riempì di baci, ma lui neanche ne sentì il formicolio. Anche lui aveva temuto delle stesse paure dell'amata, ma diversamente; se non poteva in alcun modo sentire dolore, come poteva sentire piacere? Non ebbe la forza di dischiudere le labbra e di raccontare degli esperimenti di Kyriel in quel senso. Dire che avrebbe guastato l'atmosfera sarebbe stato un eufemismo.
    La trasse a sé, lambendole i lunghi capelli. Dio, quanto amava i suoi capelli. Le accarezzò il capo, giocando poi con una ciocca azzurra tra le dita. Lei gli prese il volto tra le mani e lui la lasciò fare; rispose alla passione di lei cingendole i fianchi ed attraendola di nuovo verso di sé, intimamente vicini. Aveva una presa forte e delicata insieme, non affamata come quando lei gli aveva liberato le mani dalle catene ma neanche completamente appagata. Cos'erano poche ore, dopo anni di separazione? Percepì un nuovo formicolio nelle vene, così simile alla fame di sangue che però, in questo caso, si poteva appagare solo in un secondo modo.
    «Sai, penso che tu sia riuscito a farmi dimenticare dove sono. A pensarci bene, credo di essermi scordata anche il mio nome. Aveva a che fare con un colore, giusto?»
    Kai rise con lei. Inutile negare di non essere lusingato dalle sue parole, qualunque ragazzo, udendole, lo sarebbe stato. Cingendola a sé, la rovesciò di nuovo sulla schiena e questa volta, dovette ammetterlo, non fu delicato come un pettirosso. Sussurrò contro le sue labbra, mordendogliele e scendendo sul collo fino all'orecchio sinistro.
    «Non fingerti stupida, non ti si addice» ringhiò in un tono basso ma giocoso, stringendola sotto di sé. «Il tuo nome significa "vincitrice"; "colei che vince per il suo popolo". E tu, amore mio hai vinto il mio cuore.» Le sue mani scesero, senza pudore, stringendola nell'intimità. Kai era affamato.

    * * *


    Dopo la terza volta, dovevano essere passate un paio d'ore. E di nuovo erano come prima, uno sopra l'altro. Il peso di Nicole sul suo petto era rassicurante. Sentire il suo respiro lo faceva tendere ad allargare e restringere a sua volta il costato. Seppur viziata, l'aria era piacevole da sentire attraverso i polmoni. Era un po' che non provava a respirare per ricordarsi la sensazione.
    Kai non disse nulla, appagato. Continuava ad accarezzare con dolcezza i capelli dell'amata. Le parole d'amore si erano sprecate, e forse avevano davvero, davvero dimenticato dove si trovavano. Per quanto lo riguardava, la sensazione era quella di essersi ritagliati un angolo di paradiso. La testa gli girava, lieve, e le palpebre gli si stavano nuovamente abbassando.
    L'illusione di pace svanì in un attimo quando, in lontananza, Kai udì il verso aspro di un corvo. Rivide la cella, l'oscurità, la catena in terra ed i vestiti sparsi, distrutti o no, ed il mantello sul quale erano giaciuti. Il respiro gli si mozzò in gola mentre la paura lo aggrediva, reazione istintiva a quel suono. Con un brivido, faticò a dominarsi. Non strinse Nicole non forza né si alzò di scatto. Chiuse solo gli occhi, sapendo che era inevitabile.
    Era stato meraviglioso e sarebbe valsa la pena qualsiasi pena sarebbe poi giunta.

    Lentamente, mostrandosi più calmo di quanto non fosse, Kai si mise a sedere, spostando Nicole. Le porse la sua camicia, con cui coprirsi. Ampia com'era, le avrebbe fatto praticamente da camicia da notte e l'avrebbe coperta infinitamente meglio dei suoi stracci. Rapido, Kai si rimise i calzoni. Scalzo - non aveva importanza - strinse la mano a Nicole. La guardò negli occhi, mortalmente serio.
    «L'hai detto tu. Qualunque cosa accada, ne è valsa la pena. Solo, ti prego, ti imploro, non lo provocare. Qualsiasi cosa accada. Sai cosa può fare; non cadere nei suoi tranelli, non regalargli la tua furia.» le prese il volto tra le mani e la baciò con trasporto. Continuò più a lungo che poté, sapendo di amarla più di qualsiasi altra cosa al mondo.

    Non si erano ancora separati l'uno dall'altra quando la porta, con un lieve cigolio, si aprì da sola. Un corvo rispose con il suo gracchiante saluto alla vista del loro intreccio:
    Sulla soglia, Kyriel alzò un sopracciglio.
     
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